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Lug 12, 2018 - Genitorialità    Commenti disabilitati su SOSTEGNO PSICOLOGICO Noi, Matteo e la speranza

SOSTEGNO PSICOLOGICO Noi, Matteo e la speranza

Corriere dei Ciechi

Numero 6 del 2018

Titolo: SOSTEGNO PSICOLOGICO- Noi, Matteo e la speranza.

Autore: Carla Piras e Simona Zinzula

Maria Vincenza 38 anni e Nicola 36 sono gli orgogliosi genitori di Gabriele 12 anni e Matteo, 6 anni ad agosto.
Matteo è nato affetto da glaucoma congenito bilaterale e perciò è ipovedente grave.
Maria Vincenza e Nicola si definiscono come genitori moderni, con una intensa vita sociale e una famiglia unita.
Quando abbiamo proposto loro di effettuare l’intervista finalizzata alla stesura dell’articolo, hanno accettato entusiasti spinti sia dalla volontà di essere di aiuto ad altre coppie, che dal bisogno di raccontarsi.
Maria Vincenza ci racconta di come la gravidanza sia stata bellissima, anche se, Matteo, è nato con un mese di anticipo. Questo “anticipo” è stato però provvidenziale perché ha consentito al bambino di non nascere completamente cieco ma ipovedente grave.
Parlano di Matteo e ci raccontano dei traguardi raggiunti già adesso, di come sia un bambino vivace, bravissimo a scuola e monello a casa, capace già di leggere e scrivere.

La comunicazione della diagnosi è stata rivelata inizialmente al padre, mentre, la madre, lo ha saputo dopo tre ore; ore, in cui ha intuito, dai silenzi delle persone intorno a lei, che qualcosa non andava bene.
Nicola inoltre, presente al momento della nascita, è stato delegato dall’équipe medica, di comunicare la diagnosi alla mamma.
“Ho notato che qualcosa non andava negli occhi del bambino” (dice Nicola).
La reazione dei genitori è stata un vero e proprio shock emotivo, “non eravamo preparati,” è la frase che entrambi ripetono.
Accanto a questo vissuto si sono sovrapposti sentimenti abbandonici, accresciuti da parte del personale medico e infermieristico, che hanno amplificato la sensazione di sconforto e smarrimento della coppia.
Questi vissuti, sono stati inoltre aggravati dalla necessità di recarsi a Roma per fornire le cure adeguate al bambino.
Inizialmente in Vincenza, c’è stata una reazione di negazione/rifiuto, “mi sentivo come il piccolo principe, sotto una campana di vetro“.campana_vetro

Il dottore parlava ma io vedevo solo le labbra che si muovevano e non sentivo le parole”.

Attualmente, entrambi esprimono timore per le difficoltà che il bambino incontrerà al suo ingresso alle scuole elementari ed esprimono la loro apprensione rispetto a questo passaggio.
Tutti e due si sentono in difficoltà perché ora Matteo inizia a capire e a fare domande riguardo la sua malattia e loro spesso non sanno cosa è più opportuno dire.

Nicola, per esempio, ci racconta della difficoltà che incontrano nel rispondere alle domande di Matteo, e Vincenza, interviene con degli esempi di domande: “perché voi avete occhi così e io diversi? Perché devo portare occhiali da sole?”. Vincenza, prosegue dicendoci che certe volte non risponde tanta è la difficoltà.
Rispetto alle difficoltà espresse da Nicola e Vincenza, ci siamo sentite quasi in dovere di fornire loro un piccolo vademecum.
Non bisogna dimenticare che spesso il timore degli adulti di parlare ai bambini deriva dal fatto di non sentirsi loro stessi capaci di affrontare argomenti sconvolgenti emotivamente. Ai bambini non vanno nascoste certe informazioni, non va taciuto che si può soffrire o si può essere arrabbiati o si può essere malati e non si deve impedire loro di conoscere, di sentire o manifestare queste emozioni. Le proveranno comunque, come capita normalmente a tutti, pertanto, è importante che imparino a riconoscerle e a gestirle, piuttosto che negarle o reprimerle.
I bambini meritano di sapere la verità, senza scendere troppo nel dettaglio e con una comunicazione adeguata all’età, è bene essere trasparenti con i propri figli. Spesso i genitori tendono a tenerli all’oscuro, soprattutto quelli più piccoli, per proteggerli, ma, per aiutarli nel processo di crescita, dobbiamo parlar loro e saperli ascoltare.
Il vantaggio principale del dialogare, accettare e conoscere le situazioni dolorose come parte imprescindibile della nostra vita, consente di avere maggiori risorse ed energie per andare avanti e per rinforzare l’autostima. Ciò è naturalmente valido sia per gli adulti che per i bambini. Per esempio, chiamare la malattia con il suo vero nome, rende meno angosciante e stressante il dialogo genitori-figli, evita d’incrementare quell’alone di “mistero”, fonte di inganno oltre che di sfiducia, e apre la porta della comunicazione intra-familiare.
Rispetto al progetto “Stessa Strada per crescere insieme“, abbiamo chiesto loro quali fossero le aspettative e che cosa avrebbero desiderato.
Entrambi ci hanno detto che il supporto psicologico, appunto, fornirebbe loro strumenti utili per aiutarli a far fronte alle domande “imbarazzanti” rispetto alla malattia e al superamento delle tappe evolutive dei bambini.
Dal racconto fatto dalla famiglia, deriva inoltre, un grande bisogno di fare rete con altri genitori per confrontarsi e supportarsi e l’intervento dello psicologo sarebbe gradito per aiutarli a costruire la rete di relazioni.

Spesso, anche solo per mancanza di informazioni, si pensa solo ai limiti che una disabilità comporta e questo non può che alimentare l’angoscia e lo smarrimento che, seppur umanamente comprensibili, non sono funzionali.
Il ruolo principale del supporto psicologico è proprio quello di permettere che s’inizino a porre le basi per un reinvestimento, affinché venga favorita la fase di adattamento e la famiglia non si senta abbandonata, ma possa utilizzare anche la propria rabbia per coordinarsi e concentrarsi sulle risorse attivabili piuttosto che sull’handicap.

cuore_ed_ali_1bEcco, il senso di questo progetto che raccoglie alcune testimonianze di genitori e di esperti sul tema: cercare di fare in modo che i genitori che devono affrontare queste difficoltà si sentano un po’ meno soli.

Dr.ssa Carla Piras
Psicologa afferente al progetto CNOP-UICI “Stessa strada per crescere insieme” in Sardegna
Dr.ssa Simona Zinzula
Psicologa-Psicoterapeuta afferente al progetto CNOP-UICI “Stessa strada per crescere insieme” in Sardegna

Se si desiderano maggiori informazioni, suggerire argomenti da trattare, o una consulenza mirata:

callDr.ssa Carla Piras

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E’ possibile effettuare consulenze via Skype.

Dic 18, 2017 - Genitorialità    Commenti disabilitati su Ipocrisia

Ipocrisia

Spesso, mi sono trovata, di fronte a situazioni genitoriali altamente conflittuali.20774363-marito-e-moglie-litigavano-illustrazione Scopo del mio intervento, certamente, non è quello di allearmi con uno o con l’altro, ma, è quello di lavorare con entrambi per aiutarli ad uscire dalla disputa, favorendo la presa di coscienza dei propri errori e delle proprie responsabilità, in modo da facilitare la collaborazione e la comunicazione tra le parti.

Avere un figlio è assumersi la responsabilità di dare la priorità ad un altra persona, essere genitore significa mettere le esigenze dei figli prima delle proprie.

imagesMa, nonostante questo ragionamento sulla carta ci trovi tutti d’accordo, le ipocrisie degli adulti/genitori, non sono trascurabili.images-1

Proclami, bandi, editti di amore incondizionato e dedizione sbandierata ma non messa in pratica, servono ben poco; alla fine, i nostri figli, impareranno di più da ciò che facciamo, non da ciò che diciamo.

E ricordiamoci che, desiderare l’amore incondizionato e il sostegno dei genitori e sentire di non meritarlo, è la solitudine più profoda. images

 

 

 

 

 

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Apr 13, 2017 - Genitorialità    Commenti disabilitati su Parent training

Parent training

Vi sarà senz’altro capitato al mare, in un negozio o per strada di assistere a scene CRYINGcatastrofiche di bambini che piangono, urlano o si scagliano per terra. Solitamente, questi siparietti, si concludono con sculaccioni, minacce o promesse di ricompense se, in futuro, non si ripeteranno più.

Contemporaneamente, il genitore adirato o sconfitto, si interroga sui “perchè” e sui “per come” il figlio si comporti in questo modo.

 

Se nella prima infanzia, i bambini piagnucolano…

i ragazzini fuggono, mentono o aggrediscono i genitori

che, a loro volta,downloadmmmmm

cercheranno di bloccare, persuadere o minacciare, incrementando l’uso di maniere sempre più “risolute”. L’escalation produce cosi,  un aumento dell’intensità delle risposte e le interazioni familiari, diventano il contesto dove si apprendono i comportamenti aggressivi.

L’educazione dei nostri figli, è un argomento cruciale da affrontare, i dubbi che sorgono quando ci si confronta con i propri figli sono svariati.

 

Il Parent training è un modello d’intervento mirato, flessibile e di breve durata che  promuove  lo sviluppo di  comportamenti costruttivi.  La sua caratteristica è quella di coinvolgere i genitori quali esperti,  rappresentanti di fondamentale importanza nello sviluppo dei figli, offrendo loro un sostegno professionale/specialistico.

I metodi proposti ai genitori sono basati sui comportamenti esistenti, piuttosto che, su concetti o processi psicologici di difficile comprensione.

Nei casi in cui siano presenti difficoltà, o dubbi,  che ogni fase di sviluppo porta con Informazionese o semplicemente, laddove vi sia il desiderio di un miglioramento della qualità della propria vita, piuttosto che tentare stratagemmi seguendo l’intuizione,  ricevere un valido supporto psico-educativo in cui condividere paure, dubbi ed emozioni, rappresenta un occasione  di crescita e cambiamento, un opportunità  in cui avvantaggiarsi e rinnovare il senso di competenza nella cura dei figli.

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Gen 23, 2016 - Genitorialità    Commenti disabilitati su Sostegno alla genitorialità

Sostegno alla genitorialità

images (1)Definire cosa sia il “sostegno alla genitorialità” è complicato ma non impossibile, è importante però, condividere cosa significhi e implichi ilsostegno”, cosa sia la “genitorialità” e cosa voglia dire occuparsi di “sostegno alla genitorialità”, ovvero quali siano gli obiettivi e in quale contesto.

Il Sostegno è un percorso finalizzato ad orientare, promuovere e sviluppare le potenzialità delle persone, aiuta a reperire strategie idonee e stimola le risorse personali. Sostegno dunque, non sostituzione.

Sostenere la “genitorialità”, significa “prendersi cura” di chi si prende cura ed è perciò, molto images (47)importante, proporre modalità concrete dell’“aver cura”, che tengano conto dell’altro, dei suoi bisogni e desideri, che lascino spazio anche alla possibilità di sbagliare, senza mai sostituirsi. E’ fondamentale rispettare i vissuti e la percezione del mondo e porsi in un ruolo paritario, non giudicante e non normativo.

calcio5Purtroppo il concetto di sostegno viene spesso frainteso o rimpiazzato col concetto di sostituzione e, di conseguenza, “l’aver cura”, diviene un certo modo di sollevare l’altro, intervenendo al suo posto, sostituendolo anziché sostenendolo.

Sicuramente più efficace, anziché porsi al posto degli altri, confidare nelle images (48)loro capacità. Questo approccio, che riguarda la cura autentica, cioè l’esistenza degli altri, aiuta a divenire consapevoli e restituisce all’altro stima, fiducia, rispetto per quello che è, ed è in grado di essere e fare.

Questa precisazione è tanto più importante quando si tratta di genitori, che si trovano a loro volta, ad affrontare un compito di cura, che devono essere capaci… di rendere capaci.

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Gen 20, 2016 - Genitorialità    Commenti disabilitati su Il “giocattolo” rotto

Il “giocattolo” rotto

images (53)Vi sarà capitato di portare ad aggiustare un elettrodomestico, un giocattolo … la macchina…coche11 Qualunque cosa abbiate portato, la scena che si svolge è più o meno questa: “Buon giorno, guardi l’elettrodomestico, il giocattolo, la macchina … non funziona bene, emette uno strano rumore … secondo me ha qualche cosa … guardi gliela porto, così lei la controlla e le da una sistematina”…

download (9)Buon giorno Dottoressa, siamo il/la Signora/e, avremmo proprio bisogno di parlarle, sa, si tratta di nostro figlio/a, a scuola è irrequieto/a, il suo rendimento è calato, gli insegnanti ci hanno convocato per chiederci se in famiglia ci fossero dei problemi! Io non so proprio che fare, glielo dico sempre studia, leggi, fai sport! Ma lui/lei, niente, non mi ascolta! Secondo me ha qualche cosa che non va. Cosa dice, glielo/la porto così lei lo/la guarda e vede cosa c’è da fare!”

È un’amara sorpresa, per molti genitori, scoprire che il proprio figlio attraversa una fase di difficoltà,download (10) ma portarlo dallo Psicologo con la speranza che questi sia in grado di “aggiustarlo” equivale ad un rifiuto ed è anche un modo per sottrarsi alla responsabilità.

Lo psicologo non è un meccanico che riparaun guasto, sono gli adulti i veri esperti della situazione! Lo psicologo è competente di psicologia non certo della storia di ogni persona! I genitori, sono i veri i conoscitori del contesto nel quale si sviluppano le difficoltà, e sono quindi loro, che devono essere considerati la fonte dalla quale lo psicologo può cercare di muoversi, il lavoro è in équipe, psicologo genitori e figli, lavorano in sinergia, sebbene con ruoli diversi.

images (5)La presa d’atto delle difficoltà è il punto di partenza per aiutare genitori e figli a mettersi in discussione, riconoscere quello che probabilmente “non funziona” e fargli intuire ciò che potenzialmente potrebbe migliorare se adeguatamente supportati.

A ogni figlio/a serve un genitore presente che sappia “stare nel gioco”, in altre parole, il genitore dovrebbe essere disponibile a giocare la partita con il figlio/a e per il figlio/a.

Certo, un approccio così può essere molto faticoso per i genitori, perché richiede attenzione, energia e capacità di mettersi in discussione è una sfida che coinvolge i genitori ogni giorno, ma aiuta ad affrontare tutti gli aspetti della vita di un ragazzo/a. In questo modo, si attua un circolo virtuoso in cui, ogni piccolo passo,  diventa significativo e promuove abilità e competenze.

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Gen 9, 2016 - Genitorialità    Commenti disabilitati su Maltrattamento psicologico…il danno in-visibile

Maltrattamento psicologico…il danno in-visibile

teatroPer tutti vostra madre è eccezionale o vostro padre straordinario, ma una volta chiusa la porta di casa, cala il sipario, solo tu sai cosa significa sopportare la freddezza per giorni, magari dovuta a una banale sciocchezza o tollerare ilpeso delle pretese”

La provocazione, l’offesa, la denigrazione, l’umiliazione, la svalutazione, la menzogna, l’ossessione, l’assenza di un adeguato sostegno economico, il ricatto, la coercizione, il silenzio, la manipolazione, il tradimento della fiducia, la noncuranza, la trascuratezza fisica e affettiva, sono solo alcune delle forme in cui si manifesta la violenza psicologica.

É la forma più diffusa di violenza di un adulto verso un bambino…la complicazione è causata dal fattoimages (1)mmm che è commesso dalla persona, che amiamo, e dalla quale non ci aspetteremmo una simile condotta, così, quando ce ne rendiamo conto, è perché siamo già stati ingannati…

images (44)Inizia con un’osservazione casuale su una questione banale, come il compito colorato male o un voto non soddisfacente, la cameretta in disordine, un commento sulla prestazione sportiva…

Ovviamente, “l’accusato” tenterà di esporre le sue ragioni ma, questo non l’aiuterà, perché l’accusatore, non ha la pretesa di capire o risolvere il problema, queste sono solo delle scuse per iniziare il gioco della manipolazione e dare libero sfogo alla rabbia, e, piuttosto che limitarsi a segnalare un fatto, farà in modo da isolare la situazione e procedere ancora con accuse.

Chi è cresciuto con questo “metodo educativo“, spesso, si trova in una posizione scomoda e images (45)raramente insiste affinché i genitori cerchino aiuto.. Questa tipologia di genitore ama tanto mettere le persone su un piedistallo, quasi quanto ama buttarle giù, è un modo per evitare la preoccupazione di essere delusi o feriti così come designare un capro espiatorio, mette il genitore nelle condizioni di non aspettarsi troppo e di non preoccuparsi di un’eventuale delusione. Non tutti hanno una personalità sfrontata a qualcuno piace attirare l’attenzione facendo la vittima ma, cercando comunque, di manipolare le azioni degli altri, minacciando di farsi del male, se le cose non vanno come vorrebbero.

pinocchio burattino (1)Alcuni credono che il solo modo per andare avanti nella vita sia “assecondare” i propri genitori. La loro autostima deriva da quanto “producono”, dalla loro performance e dal risultato ottenuto… hanno imparato che il loro successo è l’unica cosa che può definirli… l’unico modo per essere amati!

Cosa fare? Prendetevi del tempo per riconoscere le esigenze emotive che non sono state prese in considerazione e che ancora non vengono soddisfatte dalle figure genitoriali. Alcune persone non comprendono appieno la natura dei loro genitori finché non sono loro stessi a rivolgersi ad uno specialista. E’ molto più semplice dare la colpa a se stessi, pensare di non amare abbastanza, di non “essere” abbastanza: chi è vittima, sviluppa spesso difese per non vedere una realtà che sente troppo dolorosa. Ma questa negazione produce uno stato di ansia, che può sfociare in irritabilità, o all’opposto inattività, convincendo ancora di più il contesto sociale che la vittima sia la persona “fuori di testa” e il maltrattatore l’individuo “normale”.

Le persone tartassate da queste forme di abuso si sentono inadeguate, non hanno autostima, accettano continue umiliazioni, possono arrivare ad avere una visione distorta della realtà, dubitano di sé, pensano di doversi rassegnare per non mettere in pericolo la stabilità della famiglia.

Prendete in considerazione l’idea di diminuire i contatti con i genitori manipolatori, soprattutto se il genitore crede di non avere nulla di cui scusarsi, imparate a riconoscere quanto più potete, i messaggi disfunzionali che vi hanno accompagnato durante la crescita ed iniziate a lavorare per 12338779-Personajes-de-dibujos-animados-L-piz-y-borrador-Foto-de-archivo cancellarli.

 

 

 

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Mag 9, 2015 - Genitorialità    Commenti disabilitati su Dalla “parte” dei Papà!!!

Dalla “parte” dei Papà!!!

Essere genitori non vuol dire avere dei figli …negli ultimi anni abbiamo assistito ad importanti modifiche strutturali della società ed una di queste riguarda senz’altro l’importanza della figura del Papà. I dati delle ricerche testimoniano che le trasformazioni in atto riguardano la concezione dei rapporti interfamiliari: sono le rappresentazioni dell’identità di genere, dei rapporti fra i sessi, della paternità e della maternità ad essere cambiati. La cura responsabile non è un compito di un solo genitore ma è un compito comune ad entrambi. Funzione materna e paterna non vengono suddivise ma piuttosto condivise come recita la legge dell’8 Febbraio 2006. Sembra che le aspettative della società assumano un ruolo pari a quello delle nostre fantasie…in ognuno di noi vi è l’immagine idealizzata del padre e nell’immaginario collettivo, chissà perché, l’eroe, quello che compare proprio alla fine del film, quando ormai tutto sembra perduto e che miracolosamente risolve le difficoltà, è proprio il padre.images (20)

L’immagine del padre, figura autoritaria, non esiste più: gli uomini hanno acquisito maggiore importanza all’interno delle mura domestiche conquistando parti da un modello di genitorialità che li privava della possibilità di vivere pienamente il rapporto con i figli. Nei discorsi sui padri e sulla paternità vengono evocate tanto le immagini della presenza e della partecipazione, quanto quelle dell’assenza e della «perifericità». Se da un lato si delinea l’idea giocosa e ottimistica dei «nuovi padri» che si occupano lietamente dei propri figli ,

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dall’altra si profila l’ombra della crisi o del declino, con una diffusa preoccupazione sia per la marginalizzazione dei padri nella famiglia, sia per il vero e proprio allontanamento dai figli, di cui “sarebbero vittime” nei casi sempre più numerosi d’instabilità familiare. La crisi della paternità risiede proprio in questa assenza: mentre la famiglia medievale era un ambiente elastico e complesso, nel quale la pluralità delle relazioni ostacolava il formarsi di legami troppo diretti e profondi,  images (21)cat_dante_05citta08

 

 

nella famiglia moderna, la funzione del padre è fortemente caratterizzata da un innalzamento della sua portata affettiva. La distinzione tra legami privati e relazioni sociali, è un grande progresso che ha determinato un’evoluzione nella vita privata ed un arricchimento dei legami affettivi. I sentimenti parentali sono diventati più profondi e quindi più complessi, ed anche conflittuali. La crisi della paternità, sembrerebbe quindi causata dalla necessità di far coincidere i nuovi bisogni affettivi suscitati dall’evolversi dei rapporti intrafamiliari e l’incapacità dei padri di affrontarli in maniera soddisfacente. Se è vero che un figlio cerca la sicurezza e la necessità di essere compreso, l’instabilità, l’irregolarità, l’insicurezza, sintomi della mancanza di disponibilità emotiva/psicolgica, esasperano i malintesi creati dalle richieste del figlio.

R. Elges, libraio, nato nel 1955 da “Padre cercasi” di Gebauer K.

La prima cosa che mi viene in mente quando penso a mio padre è il pastore che predica dal pulpito…Era piuttosto uno che lasciava le faccende familiari a mia madre…Era un cocco di mamma ha voluto che sua madre vivesse con noi…Avevo un anno quando lui assunse un nuovo incarico lavorativo…Doveva occuparsi di una comunità più grande, alla quale consacrò tutte le sue energie. Aveva bisogno delle sue energie per il lavoro, ma per me non ne aveva…Non riesco a ricordare un’occasione in cui mio padre abbia giocato con me. Anche quando avevo preoccupazioni e paure, non sapeva aiutarmi. In seguito mi sono staccato da mio padre… Per me è stato un bene…Non vi era nessuna vicinanza emozionale…Il conflitto con mio padre mi ha fatto chiaramente capire il tipo di padre che volevo diventare. Ho modellato io stesso il mio ruolo paterno…. Ho accudito i miei bambini, ho fatto sentire loro la mia vicinanza fisica…Sono stato molto attento che mia moglie non monopolizzasse il rapporto con i bambini…Ho assaporato quei momenti in cui avevo l’attenzione dei bambini…Mi ricordo di tutte le loro nascite, ero sempre presente …Il nostro rapporto è cominciato li attraverso il calore e la vicinanza. Ha avuto inizio un rapporto che noi uomini dobbiamo costruire…Attualmente mia moglie deve assentarsi una volta al mese…Vi sono cose che uomini e donne fanno diversamente…Io collaboro con i miei figli…Concordiamo per esempio di fare entro un ora le cose che hanno priorità assoluta, poi ci dedichiamo ai giochi che possiamo fare insieme…Per molti padri questo è un ruolo spiacevole. Quando si ha una famiglia con tre figli ci si sente subito sovraccarichi …ci si rende subito conto che il tempo a disposizione è molto ridotto… Con i miei genitori non c’era nulla da imparare, il loro era un modello statico. C’era un padre patriarcale che però a casa non aveva pressoché nulla da dire. E c’era una madre che ogni volta appianava le cose”…

La storia del signor Elges è una storia comune a molti uomini che insoddisfatti del rapporto con il proprio genitore ed insoddisfatti dello scarso supporto fornito dai familiari trasformano un’esperienza insoddisfacente e lacunosa in un’esperienza appagante. Nella testimonianza appena citata il Signor Elges si confronta e confronta il proprio operato con quello paterno e con quello di altri padri con i quali condivide l’impegno verso i propri figli, la famiglia. Dà ampio rilievo alla vicinanza emozionale e fisica nei confronti dei ragazzi, offre loro sicurezza e protezione, fornisce stimoli, mostra interesse per i dispiaceri e le necessità dei bambini, organizza le attività quotidiane ed è disponibile al confronto. Un atteggiamento paterno ricco di attenzioni verso i figli, un atto volontario, compiuto dal protagonista che mai delega le proprie responsabilità, che trae giovamento dall’amare, che prova gioia nel dare, che è felice di rendere felice. La maggior parte degli uomini desidera essere un padre capace di offrire appoggio, perciò…Coraggio Papà!

 

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Mag 8, 2015 - Genitorialità    Commenti disabilitati su Dalla “parte” delle mamme!!!

Dalla “parte” delle mamme!!!

Essere genitori non vuol dire avere dei figli…Contro i genitori si sono versati fiumi d’inchiostro, i giornali sono pieni di storie di bambini rifiutati, trascurati, contesi. In letteratura troviamo manuali che partendo dall’osservazione del bambino stabiliscono che tipo di relazione è stata instaurata e se è del “tipo” giusto. Certo è, che diventare genitore, significa navigare in acque pericolose.download (9)

Troppi si, troppi no, vietato vietare, bisogna che ci siano le “regole ma devono essere quelle giuste, (a saperle quelle giuste!). Nelle librerie è pieno di manuali su come debba essere il genitore perfetto, il papà perfetto, la mamma perfetta. La figura più esaminata, controversa e discussa e senz’altro la figura materna. La maggior parte degli studiosi, nel tentativo di trovare una spiegazione ai vari tipi di disturbo della personalità ha individuato, a seconda dell’orientamento e del periodo storico di riferimento, nella madre l’imputato ideale. images (19)

Secondo tale modello, il modello monotropia, certamente si, poiché questo prevede che solo l’attaccamento con la madre inciderà sullo sviluppo socio-emotivo del bambino, le relazioni stabilite con altre figure non avranno alcun peso, ma la rappresentazione della relazione stabilita con la madre, verrà applicata a tutte le altre relazioni. Questa ipotesi ha trovato numerose conferme, e così come fu per Freud, per il quale la causa dei disturbi era da ricondurre ad un qualche trauma occorso in tenera età, anche per il modello monotropia si trova una spiegazione al disturbo. L’osservazione delle modalità con le quali l’adulto ed il bambino gestiscono l’interazione è di particolare interesse ed aiuta a comprendere in modo più chiaro, come la famiglia e le relazioni, che il bambino sperimenta al suo interno, contribuiscano a costruirne l’identità. Certamente i primi anni di vita sono di fondamentale importanza per la costruzione dell’identità ma non sono gli unici e certamente, la modalità con la quale l’adulto di riferimento si prende cura del bambino è importante ma non determinante. Parallelamente agli studi che cercano di confermare l’ipotesi monotropia altrettanti studi dubitano della sua validità. L’ipotesi gerarchia, in cui non si nega l’importanza che le altre figure hanno nei confronti del bambino, indica una preferenza nei confronti della madre, una sorta di hit-parade, con la mamma al primo posto images (22).

I dati delle ricerche che hanno analizzato il rapporto che s’instaura tra i bambini e le educatrici dell’asilo nido, hanno dimostrato una maggiore indipendenza fra le diverse relazioni d’attaccamento, proponendo che il bambino sia in grado di stabilire legami d’attaccamento di qualità diversa, con caregiver differenti. La qualità del legame dipenderà dal ruolo assunto dal caregiver nei confronti del bambino. Dagli studi effettuati negli ultimi anni sugli effetti delle cure extrafamiliari come nidi o ludoteche ecc,  è emerso, un dato estremamente interessante. Il tipo di legame che il bambino sviluppa con gli educatori  ed il tipo di legame che il bambino sviluppa con i genitori sembra essere indipendente, in altre parole non ci sarebbe un “tipo” di attaccamento prevalente che funga da prototipo per la costruzione di legami futuri, ma l’integrazione dei diversi legami diventerebbe il miglior predittore dello sviluppo infantile. L’avere stabilito legami sicuri con diversi caregiver, assicura uno sviluppo socio-emotivo più avanzato rispetto ad un bambino che ha sperimentato un attaccamento con solo una o due figure. Il bambino già alla nascita possiede le capacità di organizzare le esperienze, di partecipare alle interazioni tenendo conto di tutte le relazioni che intrattiene nei diversi contesti, ed è in grado di coordinare azioni e di dotare le realtà di significato in base ai differenti contesti . Si riconosce, in questo modo, al bambino la capacità di organizzare le esperienze e di dotarle di significato, il bambino non più da plasmare, ma a sua volta attore, con una propria dignità. Nel contempo si deresponsabilizzano le madri di alcune, non di tutte, le colpe del mondo, considerando che gli effetti nefasti di un attaccamento insicuro possano essere compensati dagli effetti positivi dati dalle cure di un altro o di altri caregiver. Dall’analisi della letteratura l’impressione che se ne ricava è che non esista un modello unico di relazione, ma che le diverse modalità, le diverse relazioni e i suoi esiti, dipendano dall’influenza di numerosi fattori. Vale la pena ricordare che, “nonostante le madri”, la maggior parte dei bambini, diventano adulti amorevoli e sereni. Essere genitore è percorso che si evolve nel tempo ed ha significati diversi a seconda del periodo, della cultura, del contesto… Coraggio mamme!

 

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Apr 27, 2015 - Genitorialità    Commenti disabilitati su Come si diventa genitori?

Come si diventa genitori?

come fareMa come si diventa genitori, come si diventa mamma o papà?

Essere genitori non significa avere dei figli, non bisogna identificare la generatività o geneticità con la genitorialità. Come per quelli che escono dal coma, ai quali viene chiesto subito se hanno visto la luce, e la maggior parte non ha visto nulla e non ricorda nulla, (generando in chi domanda tanta delusione), anche le mamme, non hanno la luce, la maggior parte, appena lo vede pensa: Ok, e ora? Quando se lo vengono a prendere?

Anche le gatte, certe volte, non hanno la sapienza, le scrofe…li schiacciano, i cani li abbandonano, le cavalle li calciano ecc

Non si diventa mamma solo portando un figlio nove mesi nella pancia, altrimenti non si spiegherebbero le adozioni, i figli lasciati nei cassonetti, i figli venduti per pochi soldi, i figli violentati, picchiati abbandonati o anche solo portati al mare a mezzogiorno e lasciati sotto l’ombrellone perché mamma deve prendere il sole! Non si diventa papà solo perché la propria moglie/compagna ha partorito. Già più di cento anni fa Dostoevskij faceva dire ad un suo personaggio de “I fratelli Karamazov”:”Chi ha procreato non è ancora padre; padre è colui che ha procreato ed ha meritato il proprio nome”…”Egli ti ha generato e tu sei sangue del suo sangue e perciò devi amarlo”… “Perché devo amarlo se poi non mi ha amato”…Dimmi babbo perché devo amarti?e se questo padre sarà in grado di rispondergli e di provarglielo, sarà questa la vera famiglia normale poggiata non soltanto sul pregiudizio mistico, ma su basi ragionevoli, intuitive e rigorosamente umane. Se il padre non darà nessuna prova allora il figlio acquista la libertà ed il diritto di considerare suo padre come un estraneo.

Purtroppo, sono ancora in pochi ad obiettare che la minor propensione paterna ad occuparsi delle esigenze pratiche quotidiane dei figli, non sia una colpa, né un valido motivo per continuare a farlo.

Non si può volere bene in nome di un meccanismo biologico  sci

né, in nome del legame di sangue. I padri e le madri non vogliono bene ai loro figli per forza, perché “carne della loro carne” ne i figli vogliono bene ai loro genitori per via “dell’obbligatorio” amore filiale. Un amore filiale che non sia preparato e coltivato dal genitore, che sia padre o che sia madre, è semplicemente assurdo, l’amore non si crea dal nulla, come tutte le cose ha bisogno di cure, di tempo e dedizione. I genitori che non si curano dei propri figli, che ignorano le necessità dei propri bambini che amore filiale possono pretendere? La “presunta” capacità delle madri di comprendere i propri figli, è determinata/generata soprattutto dal fatto che si prendono cura, in prima persona, di quelle che sono le loro necessità.  tigreQuesta cura è un atto volontario, ed è frutto della “frequentazione assidua” e dell’ascolto. I genitori che riconoscono dal tono di voce il motivo del pianto del loro bambino, sono in grado di saperne il motivo perché sono rimasti ad ascoltarlo ed hanno imparato che quando ha fame è in un modo, quando è stanco è in un altro ecc. Genitori e bambini imparano a conoscersi e a riconoscersi dal momento della nascita. I bambini hanno bisogno di una gran dose di sicurezza e di protezione emozionale, oltre che di stimoli, per affrontare le sfide, le fasi che il processo di crescita comporta. A tal proposito citiamo l’articolo della Psicologa Livia Turco presente sul sito dell’A.I.M.S, che rimase molto colpita dalla testimonianza di Raul Medina Centeno, docente in Psicologia Sociale a Madrid e ricercatore presso l’università di Cambridge, il quale riferisce che si riscontra una sensibilità del tutto nuova, da lui definita come “istinto paterno”, in quei padri che, per diverse situazioni, si sono assunti la responsabilità dei loro figli… La sua personale esperienza è quella di padre di due bambini piccoli, di cui si è assunto molto presto la piena responsabilità in seguito alla morte prematura della moglie. Questo evento, molto doloroso, ha cambiato radicalmente il suo modo di essere padre. In seguito alla nascita dei bambini, la coppia, aveva stabilito un accordo di divisione dei compiti impostata su un modello di famiglia piuttosto tradizionale, in base al quale, il padre avrebbe continuato a lavorare a tempo pieno fuori casa e la madre si sarebbe presa cura dei bambini. Essendo quest’uomo anche un padre molto affettuoso, guardava con occhio di ammirazione il rapporto che la madre aveva instaurato già con il primo figlio: “notavo che loro condividevano un proprio mondo, che si esplicava con un linguaggio corporeo comprensibile soltanto a loro due, come quando Alex aveva fame, sete, caldo, freddo o una colica ecc. La mia spiegazione e consolazione di tale speciale condivisione, come padre, era che fosse effetto dell’istinto materno…”. In seguito era nata un’altra bambina, Nicole e, nonostante il padre si fosse assunto più compiti rispetto al primo figlio, la suddivisione dei compiti aveva continuato a sussistere. In seguito alla malattia e poi alla morte della moglie, l’assetto familiare aveva dovuto subire un radicale cambiamento “Quella situazione mi obbligò a prendermi cura dei figli a tempo pieno e cambiò profondamente le mie responsabilità di padre. Ogni giorno imparavo qualcosa di nuovo, cambiare i pannolini o cantare una ninna nanna. Oggi, con i miei figli, abbiamo instaurato una relazione significativa che si esprime attraverso un linguaggio comune. Ad esempio, durante la notte, anche se addormentato, riesco a sentire ogni loro movimento; capisco quando sono stanchi, ammalati, quando hanno fame o sete, quando vogliono giocare dormire o riposare. Curiosamente anche loro mi ascoltano, sono al corrente di me; ciò spiega la natura interattiva della paternità. D’altro canto, ho anche sperimentato dei radicali cambiamenti nel modo di esprimere i miei sentimenti a loro…Tutto questo mi fa pensare a qualcosa di viscerale che è sorto in me: probabilmente un istinto paterno”…

Pirandello ha detto dei figli:”si pigliano la vita; non solo la loro ma anche la nostra si pigliano. E siamo noi per loro; mica loro per noi” . Essere genitori non vuol dire avere dei figli ma dare ai figli, essere generosi, essere lì per loro, essere felici di rendere felici.

 

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