Mag 24, 2015 - generale    Commenti disabilitati su Le etichette, sono per i vestiti!

Le etichette, sono per i vestiti!

 

Finocchio, checca, camionara, lella…a chiunque sarà capitato di usare, ascoltare, e utilizzare espressioni colorite come queste, riferendosi in modo più o meno dispregiativo e ironico.

Negro, cioccolatino, bingo-bongo…

Dawn, ritardato, decerebrato,

Ebreo, marrano, giudeo

Maghi, babbani, mezzosangue…

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Le etichette sono per i vestiti

Le nostre concezioni dell’identità di genere si formano così presto che da adulti tendiamo a darle per scontate. Le differenze sessuali influenzano considerevolmente le nostre vite, proprio perché profondamente radicate, non riusciamo ad accorgercene. Gli studiosi sono divisi circa il grado in cui le caratteristiche biologiche innate incidano sulle nostre identità e le influenze sociali, i fattori culturali, acquisiti attraverso l’apprendimento, concorrano a sviluppare l’identità di genere.

L’utilizzo del termine genere è avvenuto per la prima volta da parte di Gayle Rubin, (1975), ed ha sostituito in breve tempo l’uso di termini come i “due sessi” o “differenze” o “ruoli sessuali”. L’uso di tale termine ha a che fare con qualche cosa di più complesso della semplice differenza biologica, ha a che fare con le differenze costruite socialmente, fa riferimento a comportamenti e atteggiamenti che vengono attribuiti ad uomini e donne e che sono comprensibili solo in un determinato contesto. In letteratura troviamo frequentemente riportato il caso dei gemelli monozigoti ed il caso di Jan/James Morris. Nel caso dei gemelli monozigoti uno dei due rimase ferito al momento della circoncisione (ablatio penis), e per questo fu deciso di ricostruire i suoi organi nella forma femminile. Il soggetto venne allevato come una bambina ed acquisì i comportamenti caratteristici delle stesse. Tuttavia, intervistato ormai adolescente, riferì il proprio disagio rispetto la propria identità di genere. Il caso di Jan/James Morris riguarda un cambiamento di sesso. James Morris si sottopose all’intervento divenendo Jan Morris. Nel libro da lei scritto sull’esperienza del cambiamento, l’autrice riferisce di come non ci sia alcun aspetto dell’esistenza che non sia diverso per l’uomo e per la donna. Racconta di come si sia adatta al contesto e di come, si sentisse più donna, venendo trattata da “donna”; al punto che, essendo ormai noto ai più che le donne debbano essere incompetenti nel guidare o nell’aprire bottiglie…stranamente, si accorse di esserlo diventata! (Morris, 1974, cit in Giddens, 2000).

L’autoidentificazione primaria come uomo o come donna dipendono dalletichetta assegnata all’individuo alla nascita, in molti casi questa etichetta corrisponde a differenze biologiche anatomicamente significative, in altri no

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Prima ancora che i bambini possano identificarsi come maschi o come femmine, vengono influenzati da numerosi fattori. La differenza tra i sessi è la distinzione sociale primaria, il neonato viene “bersagliato” di messaggi socialmente connotati a seconda che sia maschio o femmina, maschi e femmine, divengono quindi oggetto delle rappresentazioni degli altri. L’accettazione di quest’aspetto, è stata affidata al processo che viene definito inculturazione o socializzazione cui ogni individuo viene selettivamente sottoposto.

Avevo quindici anni. Sapevo che mi piacevano gli uomini. Sentivo questa differenza. Ma non era concettualizzata. Non era materializzata nella mia testa. E fu lui, Carlo, quella volta che ci eravamo toccati e che gli era piaciuto anche a lui, a dirmi:”Ma allora tu sei finocchio”. Io non sapevo che cosa volesse dire la parola. Pensavo che fosse un gioco, uno scherzo. Poi da lì realizzai tante cose che mio padre mi aveva detto a casa e ho legato tutto e ho capito che finocchio voleva dire che gli piacevano gli uomini , che era una cosa assolutamente sporca, che non doveva essere fatta, che era contro natura. Nell’arco di un mese realizzai tutto.”

(da Omosessuali Moderni cap I, pag 40)

download (14)Gli studi sulle interazioni madre bambino rilevano numerose differenze di trattamento fra maschi e femmine come per esempio il tono di voce con cui ci si rivolge ad un bambino sapendo che è maschio o sapendo che è femmina. I giocattoli, i libri, i programmi televisivi, gli sport, e persino il linguaggio tendono tutti ad enfatizzare le differenze fra caratteristiche maschili e femminili ed a rafforzare gli stereotipi di genere. Nei negozi troviamo la divisione per settori, maschile: pistole, macchine; femminile: bambole, set di cucina, trucchi. Nel linguaggio le etichette linguistiche di alcune professioni sono riferite al genere maschile, per esempio medico, rettore, ed altre, solo al femminile per esempio meretrice,…

download (18)L’adeguamento al ruolo ascritto avviene attraverso pressioni culturali in cui assumono massimo rilievo l’interiorizzazione dei valori e l’adesione allo stesso; pena, l’emarginazione sociale.

L’omossessualità, rileva Tommaso, non è una cosa facile. E’ una continua lotta fra te, quest’altro essere, Dio, la gente, la famiglia, …Io avrei preferito morire, non nascere così. Mi è capitato di pensarlo. Ci sono delle volte che mi sono andato a coricare pregando il Signore che non mi facesse svegliare, proprio per il fatto di non poter vivere alla luce, di non poter amare una persona come dico io.”

(Omossesuali Moderni, cap I, pag. 57)

Sono le culture che definiscono, identificano, ed amplificano le differenze download (16) dei ruoli di genere, stabilendo il predominio maschile sulla base di una specializzazione nei compiti che uomini e donne quotidianamente devono assolvere. Noi riproduciamo il genere attraverso migliaia di piccoli comportamenti nel corso di tutta la giornata. Attraverso le interazioni con gli altri costruiamo, anzi co-costruiamo il genere che, in quanto istituzione sociale, viene creata e ricreata anche in altre istituzioni sociali quali la famiglia, la scuola, il lavoro. Attualmente la separazione fra i generi non è più così marcata, soprattutto fra le giovani generazioni, la separazione fra caratteristiche maschili e caratteristiche femminili è meno rigida. La maggiore permeabilità dei confini ha reso meno polarizzati gli stereotipi ed ha consentito alle persone di uscire dai confini delle proprie categorie però la strada ancora è lunga! Un pochino però, tutti possiamo contribuire ad “accorciare” la distanza, potremmo insegnare ai nostri figli che non ci sono giochi da maschio e giochi da femmina, ma solo giochi, non ci sono “cose” da maschi e “cose” da femmina ma cose…che non ci sono etero o gay, ma persone.

 

Mag 23, 2015 - famiglia    Commenti disabilitati su Modern family, il terzo genitore

Modern family, il terzo genitore

download (2)Famiglia, cosa vuole dire famiglia? Sfogliando il vocabolario, troviamo una definizione di famiglia che parla di nucleo sociale rappresentato da due o più individui, legati fra loro da vincolo matrimoniale o di parentela o di affinità… Ne “Le Garzatine” la definizione riferisce di un nucleo comunitario elementare che unisce due individui di sesso differente e la loro prole…

L’immagine della famiglia prevalente, si riferisce all’immagine di famiglia nucleare, composta da due adulti di sesso opposto, con i figli. Ma il termine famiglia, ha denotato, a seconda delle diverse epoche storiche, sistemi diversi, ed anche adesso, ha differenti connotazioni. Se dico la mia famiglia è composta da tre persone, chi legge automaticamente penserà: marito, moglie e figlio o qualche cosa di simile; ma se dico che la famiglia di mio padre è di Baressa chi legge farà riferimento al parentado paterno; se dico che la famiglia di mia madre è molto antica, il lettore farà riferimento alla mia casata. images (31)

Il temine famiglia ha una natura polisemantica cui vengono attribuiti raggruppamenti di diverso ordine e di diversa struttura e composizione. Già Lévi-Strauss nel 1967 aveva contestato la naturalità della famiglia composta da soli genitori e figli (la famiglia nucleare), e pur riconoscendone la larghissima diffusione, aveva osservato che non dipendeva da una necessità universale e che quindi potevano esistere, e di fatto esistevano, società che conformavano e tuttora conformano, le proprie strutture familiari in maniera diversa. Per esempio, nel medioevo la famiglia era più che altro un’unità produttiva che comprendeva tutta la parentela ed il gruppo sociale. Educare, nel medioevo, significava mandare i bambini di sette otto anni ad apprendere un mestiere nelle altre case. L’idea che la famiglia, non sia solo una rete di istituzioni sociali e legali, ma che al suo interno, ci sia una rete di relazioni e sentimenti, è una trasformazione che avviene tra la fine del diciottesimo secolo e l’inizio del diciannovesimo secolo. La famiglia, che precedentemente era caratterizzata dai suoi legami esterni, ora sempre più, è caratterizzata dai suoi legami interni. Questa progressiva chiusura della famiglia, accompagnata da un maggiore peso attribuito ai vincoli affettivi al suo interno, fa si che in essa acquisisca un altrettanto maggiore peso la formazione della personalità dei suoi membri, quindi dei figli. download (5)

Il mutamento di sensibilità, è stato seguito dall’evoluzione legislativa, che nel 1947 nella Costituzione Italiana, sancisce il nuovo concetto di famiglia, intesa come una struttura fondata sul consenso, quale regola dei rapporti familiari, e sul principio dell’uguaglianza giuridica e morale dei coniugi.

Ora, i cambiamenti cui è andata incontro la famiglia sono sotto gli occhi di tutti,  non esiste  un “modello di famiglia” o non è mai esistito, sia dal punto di vista strutturale che dal punto di vista relazionale. Si osserva il fallimento della famiglia caratterizzata da ruoli rigidi tra i generi e le generazioni. L’emergere di nuove forme di famiglia e la maggiore visibilità di sistemi familiari sempre esistiti, ma a lungo rimasti nell’ombra, ha fatto sì che gli studi sulla famiglia si confrontassero con la realtà e restituissero dignità ai modi differenti di vivere i legami affettivi. Non è possibile stabilire aprioristicamente quali siano le forme di famiglia più adeguate, ma chi si occupa di famiglie, deve, considerare il punto di vista interno, e confrontarsi con la definizione che le famiglie danno di loro stesse.

images (14)Sempre più spesso, i matrimoni e le convivenze vedono coinvolte persone che provengono da precedenti esperienze, è la storia di tanti genitori e quindi di tanti figli: spettatori involontari di veri e propri sceneggiati tra le mura domestiche. Ma non è detto che i nuclei allargati siano necessariamente “peggio” delle cosiddette famiglie stile “Mulino Bianco”.

Però una cicatrice, per quanto rimarginata, resta sempre… bisogna tenere presente che le separazioni e i divorzi sono sempre dolorosi, non solo per i genitori, ma anche per i figli, qualunque sia la loro età. Quello, che mi preme sottolineare, è che non esiste il decalogo delle buone regole di comportamento per impedire che nascano difficoltà all’interno di qualsiasi famiglia, sia essa nucleare o ricomposta. Ci sono illimitate variabili, un’infinità di situazioni che non possono essere racchiuse in un manuale di istruzioni, ma che vanno appunto soltanto vissute, affrontate ed elaborate nella loro unicità. Quello che possiamo fare però è individuare degli step generali, caratterizzati, da non poche complessità, che si trovano a dover affrontare le “nuove famiglie” nel loro sorgere, formarsi e consolidarsi.

Per decidere di rimettersi in coppia con un nuovo partner, bisognerebbe aspettare, darsi e dare il tempo di metabolizzare l’accaduto, e consentire alle fondamenta della “famiglia separata” di stabilizzarsi.  Essere “famiglia con i figli” da separati, è qualitativamente e quantitativamente diverso, che farlo da coniugati.

images (15)Prima di presentare il nuovo partner, i genitori dovrebbero esser certi che i figli abbiano chiaro il motivo che li ha portati alla separazione. I figli hanno bisogno di sapere che l’affetto dei genitori nei loro confronti, resterà immutato. É molto importante, rispettare i tempi di elaborazione della precedente sofferenza, sopratutto quando ci troviamo in presenza di figli. Il bambino o il preadolescente o l’adolescente deve compiere due difficili passaggi: il superamento del proprio dolore per la perdita della famiglia originaria, e riuscire rinunciare a una parte delle attenzioni, all’esclusività dell’affetto, del tempo ecc che, dopo la separazione, gli erano “riservati”. L’ingresso di “terzi” andrebbe quindi condiviso e non imposto, come nel caso della separazione. Per i figli, accettare e accogliere un nuovo compagno/a di mamma o papà, significa essere pronti per fare un passo importante, le reazioni dei bambini, dei preadolescenti o degli adolescenti andrebbero sempre ascoltate e considerate. La fiducia dei bambini come dei ragazzi, è una conquista importante e necessita di una grande dose di autenticità e di ascolto . Il rischio è il rifiuto e la ribellione. Gli adolescenti, per esempio, che già vivono un periodo di grandi cambiamenti, potrebbero rifiutare la nuova dimensione familiare, ed agirla, cercando sostegno fuori casa tra gli amici, compromettendo l’andamento scolastico, opponendosi nei modi più differenti,  per “attirare” l’attenzione. La perdita dell’ identità familiare rende più vulnerabili, e anche quando “criticano” la scelta fatta dai loro genitori, anche quando pensano che uno dei due non sia un buon genitore, i figli sono restii a “tradirlo” consentendo ad un altro di insediarsi al suo posto.

E’ più facile ottenere il consenso dei figli quando si procede per gradi, rispettando i tempi e la loro sensibilità, in un clima di maggiore fiducia, gli errori che si possono fare hanno un impatto minore: offendono di meno e sono rimediabili. La famiglia si allarga e i sentimenti vengono messi a dura prova, rivelando aspetti di unità e legame che rendono la famiglia un qualche cosa di più che la somma delle sue parti.download (2)

 

Mag 20, 2015 - apprendimento    Commenti disabilitati su Voglia di studiare? L’importanza delle aspettative degli insegnanti.

Voglia di studiare? L’importanza delle aspettative degli insegnanti.

download (13)La relazione tra apprendimento ed insegnamento è essenziale, ma non logica e diretta, è un processo complesso, in cui, ragazzi e insegnanti sono coinvolti in un rapporto dinamico, che mette in gioco, non solo aspetti contenutistici, ma anche relazionali ed affettivi.

Le aspettative: le attese positive o negative dei docenti, incidono moltissimo sul comportamento degli studenti. I ragazzi, in grandissima misura, si aspettano di imparare e decidono di imparare se i loro insegnanti si aspettano che essi imparino.

Tutti quanti abbiamo avuto esperienza della “scuola”e del differente atteggiamento degli insegnanti: secondo la teoria della dissonanza cognitiva, (Festinger, 1957), l’individuo tende ad armonizzare le proprie opinioni ed a cercare conferme delle stesse, così, l’insegnante, sviluppa una sorta di preconcetto/pregiudizio, e conseguentemente, forma delle aspettative, memorizzando, prevalentemente, i risultati conformi.

Uno dei risultati più consistenti della ricerca sulla tematica dell’insuccesso scolastico è che i ragazzi, delle classi in cui l’insegnante si aspetta che TUTTI imparino, raggiungono un livello più alto, rispetto ai ragazzi delle classi in cui l’insegnante non ha grandi attese (Edmonds 1979, Rutter e Smith, 1979).

Celeberrimo è lo studio, (Rosenthal e Jacobson, 1968), in cui è stata rilevata una disposizione nominata,“effetto Pigmalione,” con cui è stato dimostrato l’effetto delle attese dell’insegnante sull’apprendimento dello studente. Una affermazione, che di per se, non è ne vera ne falsa, da vita ad una serie di input:”la profezia che si auto-avvera” il termine sta ad indicare che, una volta che l’aspettativa si manifesta, le persone si comportano come se la stessa fosse reale.download (19)

L’insegnante può inviare: incoraggiamento, interessamento, partecipazione, sostegno, disinteresse svilimento ecc a seconda dei casi e in maniera più o meno marcata, cercando conferme piuttosto che non, ed in virtù dell’asimmetria della relazione, ovviamente, maggior peso avranno le aspettative del docente.images (30)

Occorrerebbe essere consapevoli delle conseguenze delle proprie aspettative, per non lasciarsi influenzare da informazioni poco attinenti come classe sociale, razza, religione, sesso, curriculum scolastico precedente ecc. Quest’ultimo elemento per esempio, gioca un ruolo notevole per gli studenti con problemi “motivazionali”. Il fatto di essere stati etichettati, ha un peso notevole. per l’apprendimento futuro: può causare sconforto e sensazione di incapacità (che potrebbero condurre all’insuccesso). Più fruttuoso, invece, da parte dei docenti, trasmettere fiducia, coinvolgerli il più possibile nella vita di classe, dimostrandogli la fiducia che si nutre e aumentando gradualmente le difficoltà nelle attività proposte,  perché è probabile, che questi ragazzi si scoraggino più facilmente.

Per aiutare i ragazzi “svogliati” a recuperare l’entusiasmo, può essere utile aiutarli ad immaginare vie di uscita ed alternative favorevoli. La convinzione di uno studente della preclusione di ogni possibilità, potrebbero condurlo all’apatia, focalizzandosi solo sulla propria inadeguatezza e incapacità.

Mag 15, 2015 - apprendimento    Commenti disabilitati su Sostegno durante l’apprendimento?

Sostegno durante l’apprendimento?

In ogni tipo di apprendimento scolastico, sociale, familiare sportivo ecc il bambino, la persona, ha bisogno di sentirsi incoraggiato. Da Vygotsky, o meglio da quando ne sono state tradotte le opere, la concezione di un’intelligenza legata unicamente ai geni, è stata superata per una posizione che ritiene l’intelligenza più flessibile e dinamica e, perciò, influenzabile dall’apprendimento. Nel complesso processo d’educazione l’adulto, gioca un ruolo fondamentale. La relazione tra apprendimento ed insegnamento, è essenziale, ma non logica e diretta, in quanto, l’acquisizione di ciò che viene trasmesso, dipende da molteplici variabili non direttamente controllate e controllabili dall’adulto.

Vi sono due modi di intendere l’azione dell’educare/insegnare:

-il primo, che può essere sintetizzato nel concetto di trasmissione: si basa sul presupposto che l’individuo, sia in grado di memorizzare ciò che gli viene trasmesso, al ppppari di un contenitore, immagazzinando ciò che gli viene trasmesso, per il fatto stesso che gli è stato trasmesso;

 

-il secondo, in quello di costruzione, meglio co-costruzione: è un processo complesso, in cui allievo e adulto sono entrambi coinvolti in un rapporto dinamico, attivo che mette in campo, non solo aspetti contenutistici, ma anche relazionali ed affettivi.download (8)

La conoscenza perciò, non intesa come semplice memorizzazione, è una costruzione, mai neutra, ma carica di significati diversi.

Il processo di apprendimento, si realizza nella relazione con gli altri, attraverso il continuo “dialogo” che l’individuo stabilisce ; gli stimoli emessi dall’ambiente vengono trasformati da “intermediari”, solitamente genitori, fratelli, insegnanti, zii, nonni ecc che, guidati dalle proprie intenzioni, dalla cultura e dall’investimento emotivo, selezionano ed organizzano il mondo degli stimoli per il bambino, che a sua volta, sceglie i più appropriati, inquadrandoli, filtrandoli e organizzandoli.

Ma per essere autentico, l’adulto deve, esso stesso, appropriarsi del valore etico ed estetico dell’educare, e cogliere fino in fondo il senso ed il significato del proprio compito.

EDUCARE:il significato etimologico della parola educare viene dal latino e-ducere, che significa “condurre fuori”, quindi, liberare, far venire alla luce, far emergere. Per educazione, s’intende, dunque, il processo attraverso il quale la conoscenza, “emerge”…

per educare o trasmettere nozioni bisogna prima di tutto comunicare. Stabilito un canale di comunicazione, si attiva il canale attraverso cui passa l’interazione personale: diventa così più facile costruire valori, contenuti, abilità, regole e rappresentazioni.

Alcuni un esempi:

-due fratelli giocano. Nella tranquillità del gioco un rumoraccio improvviso,download (2)

il genitore entra e con fare minaccioso si rivolge al “più grande”: “che cosa hai fatto?”.

-vero che vuoi bene alla tua mamma? Vuoi più bene alla mamma o al Papà? (Questa frase viene spesso “girata” a nonni, zii ecc)

– dove credi di andare? Devi andare a fare danni?

-spostati mi dai fastidio…

-perché non è/sei come… download (5)(anche questa è declinata  a seconda dell’occorrenza)

non fare il bambino!!!

-non si gioca così, guarda si gioca…

-mia figlia/o, (con la figlia davanti), un disastro…la notte non dorme, è monellina, l’altro giorno pensa con le mani sporche ha macchiato il divano…cammina scalza…non si vuole lavare i denti…

Oppure ancora, ragazzi le cui capacità vengono sottovalutate perché ritenuti troppo piccoli o troppo fragili, bambini viziati o persino un po’ idolatrati dai genitori ma mai amati per quello che sono veramente, ma solo per quello che possono o potrebbero rappresentare agli occhi dei genitori, costretti a delle scelte, scuola, sport attività, alimentazione ecc, non in base alle loro disposizioni; valorizzati/giudicati, solo nella misura in cui rispondono alle aspettative (spesso irrealistiche) dei loro genitori.

Sembra di essere nel telefilm CSIimages (27) alla ricerca di prove di colpevolezza,  allo stesso modo alcuni genitori, cosi come alcuni insegnanti, cercano, selezionano, USANO IL LUMINOL!!! Per disapprovare, ammonire, rimproverare, ridicolizzare.

Viene da chiedersi che cosa emergerà, che cosa nascerà da questa e-ducazioneimages (28)

Se provassimo, a fare il gioco contrario che cosa succederebbe?

Per esempio:

-se, piuttosto che chiedere che cosa hai fatto, chiedessimo che cosa è successo e poi stessimo ad ascoltare…

-se, piuttosto che chiedere a chi vuoi più bene, dicessimo ti voglio beneimages (29)

-se, …dicessimo vai e divertiti

se, li lasciassimo giocare in pace…

-se, evitassimo paragoni…

Se li amassimo per quello che sono, con i loro pregi e difetti, se li accettassimo così, perfettamente imperfetti, se li ascoltassimo…c’è da esser grati che la relazione tra apprendimento ed insegnamento non sia logica e diretta.

Se si desiderano maggiori informazioni o avere una consulenza mirata

callDr.ssa Carla Piras

3248497238

cpstudio3@virgilio.it

 

Mag 12, 2015 - nonni    Commenti disabilitati su Il ruolo dei nonni

Il ruolo dei nonni

Il ruolo dei nonni è un ruolo senza ruolo, mmmm

al giorno d’oggi, i nonni accudiscono i nipoti quando i genitori sono assenti, partecipano alle recite, vanno a prenderli a scuola e…spesso, danno un aiuto economico alla famiglia.images (25)

La loro presenza è anche un punto fermo e di conforto quando la famiglia attraversa momenti di difficoltà, pensiamo, ad esempio, ai casi di separazione: i nonni, in questi casi, fungono da supporto emotivo per i nipoti. In un momento in cui, le loro certezze vacillano, rappresentano un importante fattore di protezione proprio per la continuità emotiva che assicurano. Poiché non è legato a nessun vincolo, “nonni” lo si può essere in tanti modi diversi, non tutti i nonni sono capaci di giocare, e non è necessario che si sforzino, si possono fare altre attività: raccontare o leggere storie, andare a vedere luoghi particolari, cucinare, non è tanto importante cosa si fa, ma, come lo si fa, per la gioia di stare insieme.

Resta immutata l’importanza della  gggg

loro presenza per figli e nipoti

I nonni, infatti, sono in una posizione diversa dai genitori, una posizione in un certo senso privilegiata; liberi dall’obbligo di educare, i nonni, possono avvantaggiarsi del piacere di stare coi nipoti rispetto al dovere, possono assecondare l’aspetto ludico rispetto alle regole, stare insieme, godere delle reciproca compagnia .images (26)

La relazione nonni-nipoti trasmette il senso di appartenenza, al gruppo famiglia, all’interno del quale, lo scambio di aiuto e appoggio è reciproco e dipende dalle necessità.

Di sicuro interesse, per i nonni e non solo, è l’intervento riformistico attuato, D. Lgs. 28.12.2013 n. 154, art. 317 bis, entrato in vigore 7 febbraio, 2014. Si tratta di una modifica di grande valore, un intervento parificabile, alle storiche modifiche del diritto di famiglia che, nel 1970, hanno introdotto il divorzio e, nel 1975, hanno reso effettiva la parità tra i coniugi, abrogando le anacronistiche figure della patria potestà e della potestà maritale. La maggiore frequenza con cui si dividono oggi le famiglie, si accompagna, ad un proporzionale aumento dei nuclei ricostruiti, di cui, diventa parte anche la prole.

Da Questa situazione possono scaturire numerosi problemi, data la principale caratteristica di nuclearità della famiglia, che comporta la cristallizzazione delle relazioni nei più contenuti contesti familiari (padre, madre, figli), con la conseguente esclusione dal quotidiano dei nonni.nonno_simpson Tale riforma, ha introdotto un nuovo ruolo dei nonni, più impegnato e partecipe, prevede la legittimazione a far valere il diritto di mantenere rapporti con i nipoti minori.

Nell’attribuire ai “nonni” il diritto in questione, dunque, si andrà a superare ogni dubbio in merito alla legittimazione ad  agire in giudizio per chiedere, il riconoscimento di un’autonoma frequentazione dei nipoti, ovviamente, nel prevalente interesse di questi  ultimi.

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Mag 9, 2015 - panico    Commenti disabilitati su Panico?

Panico?

images (23)L’etimologia della parola panico deriva dal greco, da Pan, Dio errante, signore delle selve, metà uomo e metà caprone, abituato a comparire all’improvviso, suscitando terrore e scomparendo poi velocemente, lasciando le proprie vittime nell’incapacità di spiegarsi quanto è accaduto e ciò che hanno provato. Panicòs che deriva dalla radice Pan, che significa tutto, traduce proprio  questa forma di terrore totalizzante paralizzante, incontrollabile che invade la mente ed il corpo con tutta la sua “onda energeticaimages (24)

I sintomi fisici più comuni sono:il cuore che batte all’impazzata, il viso, le mani che iniziano a sudare…il respiro viene meno, le gambe cedono, la vista si annebbia la testa pulsa, il corpo percorso da tremiti fini o a scatti, vertigini.

Insieme alle descrizioni di un quadro sintomatologico di tipo corporeo, le persone     riferiscono degli stati psicologici. Questi ultimi, in genere, possono comprendere paura di perdere il controllo, presentimento che stia per avvenire qualcosa di terribile, sensazione di non essere parte della realtà, paura o convinzione di essere vicini alla morte, crisi di pianto.

Ogni crisi di panico rappresenta un circolo vizioso in cui i sintomi fisici alimentano quelli psicologici e viceversa.

L’esperienza dell’attacco di panico è una delle più stressanti, fisicamente e mentalmente, di conseguenza, gli effetti psicofisici sono debilitanti e la sensazione, dopo un attacco di panico, è di essere molto deboli, e indubbiamente scoraggiati e confusi.

La prima e più comune convinzione, è che si sia colpiti da un problema fisico: all’attacco di panico, spesso, seguono accertamenti medici per ricercare la causa del malessere: la valutazione  dello stato di salute, è legata alla tendenza comune ad accettare più facilmente di avere un problema corporeo, che ha generato questo “inferno fisico ed emotivo,” piuttosto che essere disposti a pensare che si tratti di qualcosa di interiore, intangibile, di psicologico.

A volte il corpo lavora meglio del cervello, e l’attacco di panico, custodisce un significato profondo, è una ventata di energia che assale improvvisamente e inaspettatamente, “a ciel sereno”, è questo il motivo per cui spaventa tanto. Quando c’è uniformità, quando la ragione omologa tutto, quando aderiamo ad un modello che non ci appartiene, l’onda di panico arriva a spezzare le catene in cui siamo imprigionati. Riconoscere a noi stessi i nostri errori, le emozioni e le nostre attitudini reali, è l’ostacolo più grande. Questi stati d’animo sono un avvertimento, un consiglio proveniente dal nostro Io. A volte quello che desideriamo è contro corrente o “socialmente” sconveniente, perché spesso vestiamo un Harry-Potter_650x435

abito che altri hanno cucito per noi…

o che semplicemente non ci sta più.

Il panico invece, riporta vita e colore là dove l’emozionalità era stata confinata, è l’espressione della nostra parte più sana/essenziale che ci chiede di prenderci cura di noi. Succede a tante persone posate, “normali”, tranquille, persone dove i ritmi si sono congelati, dove le regole hanno avuto la meglio sulla spontaneità, persone che viaggiano tranquille sui binari preconfezionati.

Si vabbè, ma allora come si può vincere/curare il panico?

E’ importante comprendere che per vincere il panico, bisogna essere disposti a rimescolare le carte, download (1)

spesso è la paura della paura, la catena che porta disperazione, è necessario rivedere la persona che siamo diventati, ascoltare il proprio corpo e…SCEGLIERE, scegliere, in armonia con quello che ognuno di noi è.

 

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Mag 9, 2015 - Genitorialità    Commenti disabilitati su Dalla “parte” dei Papà!!!

Dalla “parte” dei Papà!!!

Essere genitori non vuol dire avere dei figli …negli ultimi anni abbiamo assistito ad importanti modifiche strutturali della società ed una di queste riguarda senz’altro l’importanza della figura del Papà. I dati delle ricerche testimoniano che le trasformazioni in atto riguardano la concezione dei rapporti interfamiliari: sono le rappresentazioni dell’identità di genere, dei rapporti fra i sessi, della paternità e della maternità ad essere cambiati. La cura responsabile non è un compito di un solo genitore ma è un compito comune ad entrambi. Funzione materna e paterna non vengono suddivise ma piuttosto condivise come recita la legge dell’8 Febbraio 2006. Sembra che le aspettative della società assumano un ruolo pari a quello delle nostre fantasie…in ognuno di noi vi è l’immagine idealizzata del padre e nell’immaginario collettivo, chissà perché, l’eroe, quello che compare proprio alla fine del film, quando ormai tutto sembra perduto e che miracolosamente risolve le difficoltà, è proprio il padre.images (20)

L’immagine del padre, figura autoritaria, non esiste più: gli uomini hanno acquisito maggiore importanza all’interno delle mura domestiche conquistando parti da un modello di genitorialità che li privava della possibilità di vivere pienamente il rapporto con i figli. Nei discorsi sui padri e sulla paternità vengono evocate tanto le immagini della presenza e della partecipazione, quanto quelle dell’assenza e della «perifericità». Se da un lato si delinea l’idea giocosa e ottimistica dei «nuovi padri» che si occupano lietamente dei propri figli ,

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dall’altra si profila l’ombra della crisi o del declino, con una diffusa preoccupazione sia per la marginalizzazione dei padri nella famiglia, sia per il vero e proprio allontanamento dai figli, di cui “sarebbero vittime” nei casi sempre più numerosi d’instabilità familiare. La crisi della paternità risiede proprio in questa assenza: mentre la famiglia medievale era un ambiente elastico e complesso, nel quale la pluralità delle relazioni ostacolava il formarsi di legami troppo diretti e profondi,  images (21)cat_dante_05citta08

 

 

nella famiglia moderna, la funzione del padre è fortemente caratterizzata da un innalzamento della sua portata affettiva. La distinzione tra legami privati e relazioni sociali, è un grande progresso che ha determinato un’evoluzione nella vita privata ed un arricchimento dei legami affettivi. I sentimenti parentali sono diventati più profondi e quindi più complessi, ed anche conflittuali. La crisi della paternità, sembrerebbe quindi causata dalla necessità di far coincidere i nuovi bisogni affettivi suscitati dall’evolversi dei rapporti intrafamiliari e l’incapacità dei padri di affrontarli in maniera soddisfacente. Se è vero che un figlio cerca la sicurezza e la necessità di essere compreso, l’instabilità, l’irregolarità, l’insicurezza, sintomi della mancanza di disponibilità emotiva/psicolgica, esasperano i malintesi creati dalle richieste del figlio.

R. Elges, libraio, nato nel 1955 da “Padre cercasi” di Gebauer K.

La prima cosa che mi viene in mente quando penso a mio padre è il pastore che predica dal pulpito…Era piuttosto uno che lasciava le faccende familiari a mia madre…Era un cocco di mamma ha voluto che sua madre vivesse con noi…Avevo un anno quando lui assunse un nuovo incarico lavorativo…Doveva occuparsi di una comunità più grande, alla quale consacrò tutte le sue energie. Aveva bisogno delle sue energie per il lavoro, ma per me non ne aveva…Non riesco a ricordare un’occasione in cui mio padre abbia giocato con me. Anche quando avevo preoccupazioni e paure, non sapeva aiutarmi. In seguito mi sono staccato da mio padre… Per me è stato un bene…Non vi era nessuna vicinanza emozionale…Il conflitto con mio padre mi ha fatto chiaramente capire il tipo di padre che volevo diventare. Ho modellato io stesso il mio ruolo paterno…. Ho accudito i miei bambini, ho fatto sentire loro la mia vicinanza fisica…Sono stato molto attento che mia moglie non monopolizzasse il rapporto con i bambini…Ho assaporato quei momenti in cui avevo l’attenzione dei bambini…Mi ricordo di tutte le loro nascite, ero sempre presente …Il nostro rapporto è cominciato li attraverso il calore e la vicinanza. Ha avuto inizio un rapporto che noi uomini dobbiamo costruire…Attualmente mia moglie deve assentarsi una volta al mese…Vi sono cose che uomini e donne fanno diversamente…Io collaboro con i miei figli…Concordiamo per esempio di fare entro un ora le cose che hanno priorità assoluta, poi ci dedichiamo ai giochi che possiamo fare insieme…Per molti padri questo è un ruolo spiacevole. Quando si ha una famiglia con tre figli ci si sente subito sovraccarichi …ci si rende subito conto che il tempo a disposizione è molto ridotto… Con i miei genitori non c’era nulla da imparare, il loro era un modello statico. C’era un padre patriarcale che però a casa non aveva pressoché nulla da dire. E c’era una madre che ogni volta appianava le cose”…

La storia del signor Elges è una storia comune a molti uomini che insoddisfatti del rapporto con il proprio genitore ed insoddisfatti dello scarso supporto fornito dai familiari trasformano un’esperienza insoddisfacente e lacunosa in un’esperienza appagante. Nella testimonianza appena citata il Signor Elges si confronta e confronta il proprio operato con quello paterno e con quello di altri padri con i quali condivide l’impegno verso i propri figli, la famiglia. Dà ampio rilievo alla vicinanza emozionale e fisica nei confronti dei ragazzi, offre loro sicurezza e protezione, fornisce stimoli, mostra interesse per i dispiaceri e le necessità dei bambini, organizza le attività quotidiane ed è disponibile al confronto. Un atteggiamento paterno ricco di attenzioni verso i figli, un atto volontario, compiuto dal protagonista che mai delega le proprie responsabilità, che trae giovamento dall’amare, che prova gioia nel dare, che è felice di rendere felice. La maggior parte degli uomini desidera essere un padre capace di offrire appoggio, perciò…Coraggio Papà!

 

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Mag 8, 2015 - Genitorialità    Commenti disabilitati su Dalla “parte” delle mamme!!!

Dalla “parte” delle mamme!!!

Essere genitori non vuol dire avere dei figli…Contro i genitori si sono versati fiumi d’inchiostro, i giornali sono pieni di storie di bambini rifiutati, trascurati, contesi. In letteratura troviamo manuali che partendo dall’osservazione del bambino stabiliscono che tipo di relazione è stata instaurata e se è del “tipo” giusto. Certo è, che diventare genitore, significa navigare in acque pericolose.download (9)

Troppi si, troppi no, vietato vietare, bisogna che ci siano le “regole ma devono essere quelle giuste, (a saperle quelle giuste!). Nelle librerie è pieno di manuali su come debba essere il genitore perfetto, il papà perfetto, la mamma perfetta. La figura più esaminata, controversa e discussa e senz’altro la figura materna. La maggior parte degli studiosi, nel tentativo di trovare una spiegazione ai vari tipi di disturbo della personalità ha individuato, a seconda dell’orientamento e del periodo storico di riferimento, nella madre l’imputato ideale. images (19)

Secondo tale modello, il modello monotropia, certamente si, poiché questo prevede che solo l’attaccamento con la madre inciderà sullo sviluppo socio-emotivo del bambino, le relazioni stabilite con altre figure non avranno alcun peso, ma la rappresentazione della relazione stabilita con la madre, verrà applicata a tutte le altre relazioni. Questa ipotesi ha trovato numerose conferme, e così come fu per Freud, per il quale la causa dei disturbi era da ricondurre ad un qualche trauma occorso in tenera età, anche per il modello monotropia si trova una spiegazione al disturbo. L’osservazione delle modalità con le quali l’adulto ed il bambino gestiscono l’interazione è di particolare interesse ed aiuta a comprendere in modo più chiaro, come la famiglia e le relazioni, che il bambino sperimenta al suo interno, contribuiscano a costruirne l’identità. Certamente i primi anni di vita sono di fondamentale importanza per la costruzione dell’identità ma non sono gli unici e certamente, la modalità con la quale l’adulto di riferimento si prende cura del bambino è importante ma non determinante. Parallelamente agli studi che cercano di confermare l’ipotesi monotropia altrettanti studi dubitano della sua validità. L’ipotesi gerarchia, in cui non si nega l’importanza che le altre figure hanno nei confronti del bambino, indica una preferenza nei confronti della madre, una sorta di hit-parade, con la mamma al primo posto images (22).

I dati delle ricerche che hanno analizzato il rapporto che s’instaura tra i bambini e le educatrici dell’asilo nido, hanno dimostrato una maggiore indipendenza fra le diverse relazioni d’attaccamento, proponendo che il bambino sia in grado di stabilire legami d’attaccamento di qualità diversa, con caregiver differenti. La qualità del legame dipenderà dal ruolo assunto dal caregiver nei confronti del bambino. Dagli studi effettuati negli ultimi anni sugli effetti delle cure extrafamiliari come nidi o ludoteche ecc,  è emerso, un dato estremamente interessante. Il tipo di legame che il bambino sviluppa con gli educatori  ed il tipo di legame che il bambino sviluppa con i genitori sembra essere indipendente, in altre parole non ci sarebbe un “tipo” di attaccamento prevalente che funga da prototipo per la costruzione di legami futuri, ma l’integrazione dei diversi legami diventerebbe il miglior predittore dello sviluppo infantile. L’avere stabilito legami sicuri con diversi caregiver, assicura uno sviluppo socio-emotivo più avanzato rispetto ad un bambino che ha sperimentato un attaccamento con solo una o due figure. Il bambino già alla nascita possiede le capacità di organizzare le esperienze, di partecipare alle interazioni tenendo conto di tutte le relazioni che intrattiene nei diversi contesti, ed è in grado di coordinare azioni e di dotare le realtà di significato in base ai differenti contesti . Si riconosce, in questo modo, al bambino la capacità di organizzare le esperienze e di dotarle di significato, il bambino non più da plasmare, ma a sua volta attore, con una propria dignità. Nel contempo si deresponsabilizzano le madri di alcune, non di tutte, le colpe del mondo, considerando che gli effetti nefasti di un attaccamento insicuro possano essere compensati dagli effetti positivi dati dalle cure di un altro o di altri caregiver. Dall’analisi della letteratura l’impressione che se ne ricava è che non esista un modello unico di relazione, ma che le diverse modalità, le diverse relazioni e i suoi esiti, dipendano dall’influenza di numerosi fattori. Vale la pena ricordare che, “nonostante le madri”, la maggior parte dei bambini, diventano adulti amorevoli e sereni. Essere genitore è percorso che si evolve nel tempo ed ha significati diversi a seconda del periodo, della cultura, del contesto… Coraggio mamme!

 

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Apr 29, 2015 - famiglia    Commenti disabilitati su Eventi critici o eventi?

Eventi critici o eventi?

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Teoria dello stress familiare (1983),

ha posto l’accento sul concetto dell’evoluzione familiare connessa con eventi inattesi o improvvisi. All’interno dell’ impianto teorico, la definizione di evento critico è fondamentale per comprenderne appieno il significato. Con evento critico ci riferiamo a tutti quegli eventi che esulano dall’ordinario, e che, per essere risolti richiedono l’attivazione di processi di adattamento. Un evento critico pone la famiglia, le persone, di fronte alla necessità di riorganizzare le risorse e le modalità relazionali. In generale si distingue tra evento critico normativo ed evento critico paranormativo, con evento normativo ci si riferisce a quella serie di eventi che riguardano il ciclo divita, quindi matrimonio, nascite, adolescenza, pensionamento, morte, ecc.str

 

Gli eventi paranormativi si riferiscono a quella serie di eventi che non sono preventivati nella vita di una coppia come per esempio la separazione, il divorzio, (nessuno, che io sappia, si sposa con la convinzione che presto finirà!), incidenti, malattie, cambio lavoro, fenomeni sociali. La lista degli eventi potrebbe continuare a lungo, ciò che è importante sottolineare è che, non è tanto il tipo di evento che definisce la criticità dello stesso, ma il significato che gli individui gli attribuiscono.

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Le famiglie nel corso della loro vita si confrontano con tanti tipi di eventi (a volte con più eventi contemporaneamente), il significato o meglio la criticità che all’evento viene attribuita è data nella misura in cui viene percepita tale. L’intensità e la portata, sono in funzione del significato che ad esso viene attribuito che a sua volta, dipende dai valori di riferimento, dal contesto in cui è inserita ecc. La definizione che la famiglia dà all’evento è un’importante predittore della modalità con cui la stessa farà fronte all’evento. Eventi che culturalmente non sono valutati come particolarmente problematici, possono diventarlo per alcuni tipi di famiglia. I processi di definizione stabiliscono l’ampiezza e l’intensità della crisi e contemporaneamente, regolano le strategie adattive. In conclusione l’evento critico rende inadeguate le modalità abituali di funzionamento, implica una perdita, crea disorganizzazione, rappresenta il dinamismo, pone compiti di sviluppo, ha caratteristiche di rischio/opportunità, esita in una trasformazione.

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Apr 27, 2015 - Separazione    Commenti disabilitati su Le difficoltà della gestione del conflitto nella separazione

Le difficoltà della gestione del conflitto nella separazione

images (10)In ogni fase del ciclo di vita le persone, le famiglie, fanno fisiologicamente fronte ai diversi compiti avvalendosi dell’ausilio di risorse istituzionali un esempio  sono la scuola materna, l’ospedale, gli istituti per anziani o per i disabili, nondimeno, una famiglia può utilizzare i servizi anche nei casi di difficoltà della gestione del conflitto causato dall’evento separativo. Quando parliamo di conflitto solitamente ci riferiamo a qualche cosa di negativo da eliminare o quantomeno da evitare. L’accezione negativa del conflitto è così radicata in noi che spesso ci dimentichiamo che il conflitto è presente in tutte le dimensioni della vita dell’uomo, che fa parte della vita dell’uomo come ne fa parte la morte. Si ha conflitto quando il bambino piange perché vuole essere preso in braccio, quando vuole il giocattolo; quando lui vuole andare al cinema e lei vuole andare a vedere la mostra …

La parola di derivazione latina non ha soltanto un significato negativo, di scontro, lotta, ma significa anche far incontrare, mettere a confronto; la constatazione della normalità dello stesso dovrebbe farci riflettere sulle possibilità, sulle opportunità che dallo stesso si possono verificare. Dal conflitto si possono avere effetti di crescita, si possono favorire l’emergere di nuove posizioni, da due posizioni antitetiche si può arrivare ed una terza soluzione che favorisca le parti in causa. Se, per esempio, lui vuole andare al cinema, è possibile, anziché irrigidirci sull’adeguatezza della domanda, arrivare ad una soluzione che soddisfi entrambi, “prima la mostra e poi il cinema” Per il conflitto, le modalità abituali di funzionamento sono inadeguate, il conflitto crea disorganizzazione, rappresenta il dinamismo, pone compiti di sviluppo, ha caratteristiche di rischio/opportunità,

esita in una trasformazione.download (7)sole-

Può verosimilmente avere esito sfavorevole se, come accadeva in passato, in numerose tradizioni di studi, viene considerato come una manifestazione disfunzionale, come un evento da reprimere o da prevenire, negandone la sua naturalità e relegandolo al regno del patologico. Nel conflitto vengono attivate una serie di emozioni che mettono in discussione la nostra stessa esistenza, l’antiteticità delle posizioni assunte appare spesso inconciliabile, ma è proprio questa divergenza che, se ben gestita, offre spunti per ridefinire le situazioni e creare opportunità di crescita in nuove direzioni.

Per poter trasformare il conflitto in un qualche cosa di più, che la mera contrapposizione e trasformarlo in un processo di crescita e di maturazione, è necessario gestirlo adeguatamente, senza negarlo. È necessario abbandonare l’ottica del pensiero lineare, basata sul modello causa effetto, per abbracciare in pensiero di tipo complesso. Non c’è mai una sola causa che produce un determinato effetto ma al contrario, ogni causa, produce molteplici effetti. Una delle principali limitazioni del pensiero lineare è che cerca di trovare una spiegazione per ogni ordine di problema. Nei casi di separazione, che, ricordiamo essere uno degli eventi più stressanti della vita, si è in presenza di un’alta conflittualità e si ha una situazione di forte crisi o di violenza Nel caso di due presone che si separano utilizzare il pensiero lineare, corrisponde all’attribuzione della responsabilità ad uno soltanto dei membri della coppia, che generalmente ritenuto malato o pazzo,deve necessariamente essere curato,

quando va bene… meglio se: images (11)

La violenza del contrasto induce le persone coinvolte a pensare che i desideri di uno siano inconciliabili con i desideri dell’altro e la contrapposizione d’interessi sui temi in questione può rivelarsi tanto radicale da convincersi che al termine del conflitto ci debbano essere un necessariamente un vincitore ed un perdente. images (9)

Lo stesso testo della legge dell’8 Febbraio 2006 sull’affidamento condiviso, non prevede, per la sua applicabilità, un accordo totale fra il padre e la madre, ma la disponibilità ad assumersi la propria responsabilità genitoriale nei confronti dei figli, nel rispetto delle reciproche competenze e possibilità, abbandonando l’ottica riduzionistica del vincente e del perdendente, del giusto o sbagliato. In questo modo si riconosce legittimità alle differenti posizioni e si crea la possibilità affinché possano emergere nuove opportunità.

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