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Le etichette, sono per i vestiti!

 

Finocchio, checca, camionara, lella…a chiunque sarà capitato di usare, ascoltare, e utilizzare espressioni colorite come queste, riferendosi in modo più o meno dispregiativo e ironico.

Negro, cioccolatino, bingo-bongo…

Dawn, ritardato, decerebrato,

Ebreo, marrano, giudeo

Maghi, babbani, mezzosangue…

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Le etichette sono per i vestiti

Le nostre concezioni dell’identità di genere si formano così presto che da adulti tendiamo a darle per scontate. Le differenze sessuali influenzano considerevolmente le nostre vite, proprio perché profondamente radicate, non riusciamo ad accorgercene. Gli studiosi sono divisi circa il grado in cui le caratteristiche biologiche innate incidano sulle nostre identità e le influenze sociali, i fattori culturali, acquisiti attraverso l’apprendimento, concorrano a sviluppare l’identità di genere.

L’utilizzo del termine genere è avvenuto per la prima volta da parte di Gayle Rubin, (1975), ed ha sostituito in breve tempo l’uso di termini come i “due sessi” o “differenze” o “ruoli sessuali”. L’uso di tale termine ha a che fare con qualche cosa di più complesso della semplice differenza biologica, ha a che fare con le differenze costruite socialmente, fa riferimento a comportamenti e atteggiamenti che vengono attribuiti ad uomini e donne e che sono comprensibili solo in un determinato contesto. In letteratura troviamo frequentemente riportato il caso dei gemelli monozigoti ed il caso di Jan/James Morris. Nel caso dei gemelli monozigoti uno dei due rimase ferito al momento della circoncisione (ablatio penis), e per questo fu deciso di ricostruire i suoi organi nella forma femminile. Il soggetto venne allevato come una bambina ed acquisì i comportamenti caratteristici delle stesse. Tuttavia, intervistato ormai adolescente, riferì il proprio disagio rispetto la propria identità di genere. Il caso di Jan/James Morris riguarda un cambiamento di sesso. James Morris si sottopose all’intervento divenendo Jan Morris. Nel libro da lei scritto sull’esperienza del cambiamento, l’autrice riferisce di come non ci sia alcun aspetto dell’esistenza che non sia diverso per l’uomo e per la donna. Racconta di come si sia adatta al contesto e di come, si sentisse più donna, venendo trattata da “donna”; al punto che, essendo ormai noto ai più che le donne debbano essere incompetenti nel guidare o nell’aprire bottiglie…stranamente, si accorse di esserlo diventata! (Morris, 1974, cit in Giddens, 2000).

L’autoidentificazione primaria come uomo o come donna dipendono dalletichetta assegnata all’individuo alla nascita, in molti casi questa etichetta corrisponde a differenze biologiche anatomicamente significative, in altri no

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Prima ancora che i bambini possano identificarsi come maschi o come femmine, vengono influenzati da numerosi fattori. La differenza tra i sessi è la distinzione sociale primaria, il neonato viene “bersagliato” di messaggi socialmente connotati a seconda che sia maschio o femmina, maschi e femmine, divengono quindi oggetto delle rappresentazioni degli altri. L’accettazione di quest’aspetto, è stata affidata al processo che viene definito inculturazione o socializzazione cui ogni individuo viene selettivamente sottoposto.

Avevo quindici anni. Sapevo che mi piacevano gli uomini. Sentivo questa differenza. Ma non era concettualizzata. Non era materializzata nella mia testa. E fu lui, Carlo, quella volta che ci eravamo toccati e che gli era piaciuto anche a lui, a dirmi:”Ma allora tu sei finocchio”. Io non sapevo che cosa volesse dire la parola. Pensavo che fosse un gioco, uno scherzo. Poi da lì realizzai tante cose che mio padre mi aveva detto a casa e ho legato tutto e ho capito che finocchio voleva dire che gli piacevano gli uomini , che era una cosa assolutamente sporca, che non doveva essere fatta, che era contro natura. Nell’arco di un mese realizzai tutto.”

(da Omosessuali Moderni cap I, pag 40)

download (14)Gli studi sulle interazioni madre bambino rilevano numerose differenze di trattamento fra maschi e femmine come per esempio il tono di voce con cui ci si rivolge ad un bambino sapendo che è maschio o sapendo che è femmina. I giocattoli, i libri, i programmi televisivi, gli sport, e persino il linguaggio tendono tutti ad enfatizzare le differenze fra caratteristiche maschili e femminili ed a rafforzare gli stereotipi di genere. Nei negozi troviamo la divisione per settori, maschile: pistole, macchine; femminile: bambole, set di cucina, trucchi. Nel linguaggio le etichette linguistiche di alcune professioni sono riferite al genere maschile, per esempio medico, rettore, ed altre, solo al femminile per esempio meretrice,…

download (18)L’adeguamento al ruolo ascritto avviene attraverso pressioni culturali in cui assumono massimo rilievo l’interiorizzazione dei valori e l’adesione allo stesso; pena, l’emarginazione sociale.

L’omossessualità, rileva Tommaso, non è una cosa facile. E’ una continua lotta fra te, quest’altro essere, Dio, la gente, la famiglia, …Io avrei preferito morire, non nascere così. Mi è capitato di pensarlo. Ci sono delle volte che mi sono andato a coricare pregando il Signore che non mi facesse svegliare, proprio per il fatto di non poter vivere alla luce, di non poter amare una persona come dico io.”

(Omossesuali Moderni, cap I, pag. 57)

Sono le culture che definiscono, identificano, ed amplificano le differenze download (16) dei ruoli di genere, stabilendo il predominio maschile sulla base di una specializzazione nei compiti che uomini e donne quotidianamente devono assolvere. Noi riproduciamo il genere attraverso migliaia di piccoli comportamenti nel corso di tutta la giornata. Attraverso le interazioni con gli altri costruiamo, anzi co-costruiamo il genere che, in quanto istituzione sociale, viene creata e ricreata anche in altre istituzioni sociali quali la famiglia, la scuola, il lavoro. Attualmente la separazione fra i generi non è più così marcata, soprattutto fra le giovani generazioni, la separazione fra caratteristiche maschili e caratteristiche femminili è meno rigida. La maggiore permeabilità dei confini ha reso meno polarizzati gli stereotipi ed ha consentito alle persone di uscire dai confini delle proprie categorie però la strada ancora è lunga! Un pochino però, tutti possiamo contribuire ad “accorciare” la distanza, potremmo insegnare ai nostri figli che non ci sono giochi da maschio e giochi da femmina, ma solo giochi, non ci sono “cose” da maschi e “cose” da femmina ma cose…che non ci sono etero o gay, ma persone.

 

Le etichette, sono per i vestiti!ultima modifica: 2015-05-24T22:04:10+02:00da carla-p
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