In ogni tipo di apprendimento scolastico, sociale, familiare sportivo ecc il bambino, la persona, ha bisogno di sentirsi incoraggiato. Da Vygotsky, o meglio da quando ne sono state tradotte le opere, la concezione di un’intelligenza legata unicamente ai geni, è stata superata per una posizione che ritiene l’intelligenza più flessibile e dinamica e, perciò, influenzabile dall’apprendimento. Nel complesso processo d’educazione l’adulto, gioca un ruolo fondamentale. La relazione tra apprendimento ed insegnamento, è essenziale, ma non logica e diretta, in quanto, l’acquisizione di ciò che viene trasmesso, dipende da molteplici variabili non direttamente controllate e controllabili dall’adulto.
Vi sono due modi di intendere l’azione dell’educare/insegnare:
-il primo, che può essere sintetizzato nel concetto di trasmissione: si basa sul presupposto che l’individuo, sia in grado di memorizzare ciò che gli viene trasmesso, al
-il secondo, in quello di costruzione, meglio co-costruzione: è un processo complesso, in cui allievo e adulto sono entrambi coinvolti in un rapporto dinamico, attivo che mette in campo, non solo aspetti contenutistici, ma anche relazionali ed affettivi.
La conoscenza perciò, non intesa come semplice memorizzazione, è una costruzione, mai neutra, ma carica di significati diversi.
Il processo di apprendimento, si realizza nella relazione con gli altri, attraverso il continuo “dialogo” che l’individuo stabilisce ; gli stimoli emessi dall’ambiente vengono trasformati da “intermediari”, solitamente genitori, fratelli, insegnanti, zii, nonni ecc che, guidati dalle proprie intenzioni, dalla cultura e dall’investimento emotivo, selezionano ed organizzano il mondo degli stimoli per il bambino, che a sua volta, sceglie i più appropriati, inquadrandoli, filtrandoli e organizzandoli.
Ma per essere autentico, l’adulto deve, esso stesso, appropriarsi del valore etico ed estetico dell’educare, e cogliere fino in fondo il senso ed il significato del proprio compito.
EDUCARE:il significato etimologico della parola educare viene dal latino e-ducere, che significa “condurre fuori”, quindi, liberare, far venire alla luce, far emergere. Per educazione, s’intende, dunque, il processo attraverso il quale la conoscenza, “emerge”…
per educare o trasmettere nozioni bisogna prima di tutto comunicare. Stabilito un canale di comunicazione, si attiva il canale attraverso cui passa l’interazione personale: diventa così più facile costruire valori, contenuti, abilità, regole e rappresentazioni.
Alcuni un esempi:
-due fratelli giocano. Nella tranquillità del gioco un rumoraccio improvviso,
il genitore entra e con fare minaccioso si rivolge al “più grande”: “che cosa hai fatto?”.
-vero che vuoi bene alla tua mamma? Vuoi più bene alla mamma o al Papà? (Questa frase viene spesso “girata” a nonni, zii ecc)
– dove credi di andare? Devi andare a fare danni?
-spostati mi dai fastidio…
-perché non è/sei come…
–non fare il bambino!!!
-non si gioca così, guarda si gioca…
-mia figlia/o, (con la figlia davanti), un disastro…la notte non dorme, è monellina, l’altro giorno pensa con le mani sporche ha macchiato il divano…cammina scalza…non si vuole lavare i denti…
Oppure ancora, ragazzi le cui capacità vengono sottovalutate perché ritenuti troppo piccoli o troppo fragili, bambini viziati o persino un po’ idolatrati dai genitori ma mai amati per quello che sono veramente, ma solo per quello che possono o potrebbero rappresentare agli occhi dei genitori, costretti a delle scelte, scuola, sport attività, alimentazione ecc, non in base alle loro disposizioni; valorizzati/giudicati, solo nella misura in cui rispondono alle aspettative (spesso irrealistiche) dei loro genitori.
Sembra di essere nel telefilm CSI
Viene da chiedersi che cosa emergerà, che cosa nascerà da questa e-ducazione
Se provassimo, a fare il gioco contrario che cosa succederebbe?
Per esempio:
-se, piuttosto che chiedere che cosa hai fatto, chiedessimo che cosa è successo e poi stessimo ad ascoltare…
-se, piuttosto che chiedere a chi vuoi più bene, dicessimo ti voglio bene…
-se, …dicessimo vai e divertiti
–se, li lasciassimo giocare in pace…
-se, evitassimo paragoni…
Se li amassimo per quello che sono, con i loro pregi e difetti, se li accettassimo così, perfettamente imperfetti, se li ascoltassimo…c’è da esser grati che la relazione tra apprendimento ed insegnamento non sia logica e diretta.
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