Mag 9, 2015 - panico    Commenti disabilitati su Panico?

Panico?

images (23)L’etimologia della parola panico deriva dal greco, da Pan, Dio errante, signore delle selve, metà uomo e metà caprone, abituato a comparire all’improvviso, suscitando terrore e scomparendo poi velocemente, lasciando le proprie vittime nell’incapacità di spiegarsi quanto è accaduto e ciò che hanno provato. Panicòs che deriva dalla radice Pan, che significa tutto, traduce proprio  questa forma di terrore totalizzante paralizzante, incontrollabile che invade la mente ed il corpo con tutta la sua “onda energeticaimages (24)

I sintomi fisici più comuni sono:il cuore che batte all’impazzata, il viso, le mani che iniziano a sudare…il respiro viene meno, le gambe cedono, la vista si annebbia la testa pulsa, il corpo percorso da tremiti fini o a scatti, vertigini.

Insieme alle descrizioni di un quadro sintomatologico di tipo corporeo, le persone     riferiscono degli stati psicologici. Questi ultimi, in genere, possono comprendere paura di perdere il controllo, presentimento che stia per avvenire qualcosa di terribile, sensazione di non essere parte della realtà, paura o convinzione di essere vicini alla morte, crisi di pianto.

Ogni crisi di panico rappresenta un circolo vizioso in cui i sintomi fisici alimentano quelli psicologici e viceversa.

L’esperienza dell’attacco di panico è una delle più stressanti, fisicamente e mentalmente, di conseguenza, gli effetti psicofisici sono debilitanti e la sensazione, dopo un attacco di panico, è di essere molto deboli, e indubbiamente scoraggiati e confusi.

La prima e più comune convinzione, è che si sia colpiti da un problema fisico: all’attacco di panico, spesso, seguono accertamenti medici per ricercare la causa del malessere: la valutazione  dello stato di salute, è legata alla tendenza comune ad accettare più facilmente di avere un problema corporeo, che ha generato questo “inferno fisico ed emotivo,” piuttosto che essere disposti a pensare che si tratti di qualcosa di interiore, intangibile, di psicologico.

A volte il corpo lavora meglio del cervello, e l’attacco di panico, custodisce un significato profondo, è una ventata di energia che assale improvvisamente e inaspettatamente, “a ciel sereno”, è questo il motivo per cui spaventa tanto. Quando c’è uniformità, quando la ragione omologa tutto, quando aderiamo ad un modello che non ci appartiene, l’onda di panico arriva a spezzare le catene in cui siamo imprigionati. Riconoscere a noi stessi i nostri errori, le emozioni e le nostre attitudini reali, è l’ostacolo più grande. Questi stati d’animo sono un avvertimento, un consiglio proveniente dal nostro Io. A volte quello che desideriamo è contro corrente o “socialmente” sconveniente, perché spesso vestiamo un Harry-Potter_650x435

abito che altri hanno cucito per noi…

o che semplicemente non ci sta più.

Il panico invece, riporta vita e colore là dove l’emozionalità era stata confinata, è l’espressione della nostra parte più sana/essenziale che ci chiede di prenderci cura di noi. Succede a tante persone posate, “normali”, tranquille, persone dove i ritmi si sono congelati, dove le regole hanno avuto la meglio sulla spontaneità, persone che viaggiano tranquille sui binari preconfezionati.

Si vabbè, ma allora come si può vincere/curare il panico?

E’ importante comprendere che per vincere il panico, bisogna essere disposti a rimescolare le carte, download (1)

spesso è la paura della paura, la catena che porta disperazione, è necessario rivedere la persona che siamo diventati, ascoltare il proprio corpo e…SCEGLIERE, scegliere, in armonia con quello che ognuno di noi è.

 

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Mag 9, 2015 - Genitorialità    Commenti disabilitati su Dalla “parte” dei Papà!!!

Dalla “parte” dei Papà!!!

Essere genitori non vuol dire avere dei figli …negli ultimi anni abbiamo assistito ad importanti modifiche strutturali della società ed una di queste riguarda senz’altro l’importanza della figura del Papà. I dati delle ricerche testimoniano che le trasformazioni in atto riguardano la concezione dei rapporti interfamiliari: sono le rappresentazioni dell’identità di genere, dei rapporti fra i sessi, della paternità e della maternità ad essere cambiati. La cura responsabile non è un compito di un solo genitore ma è un compito comune ad entrambi. Funzione materna e paterna non vengono suddivise ma piuttosto condivise come recita la legge dell’8 Febbraio 2006. Sembra che le aspettative della società assumano un ruolo pari a quello delle nostre fantasie…in ognuno di noi vi è l’immagine idealizzata del padre e nell’immaginario collettivo, chissà perché, l’eroe, quello che compare proprio alla fine del film, quando ormai tutto sembra perduto e che miracolosamente risolve le difficoltà, è proprio il padre.images (20)

L’immagine del padre, figura autoritaria, non esiste più: gli uomini hanno acquisito maggiore importanza all’interno delle mura domestiche conquistando parti da un modello di genitorialità che li privava della possibilità di vivere pienamente il rapporto con i figli. Nei discorsi sui padri e sulla paternità vengono evocate tanto le immagini della presenza e della partecipazione, quanto quelle dell’assenza e della «perifericità». Se da un lato si delinea l’idea giocosa e ottimistica dei «nuovi padri» che si occupano lietamente dei propri figli ,

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dall’altra si profila l’ombra della crisi o del declino, con una diffusa preoccupazione sia per la marginalizzazione dei padri nella famiglia, sia per il vero e proprio allontanamento dai figli, di cui “sarebbero vittime” nei casi sempre più numerosi d’instabilità familiare. La crisi della paternità risiede proprio in questa assenza: mentre la famiglia medievale era un ambiente elastico e complesso, nel quale la pluralità delle relazioni ostacolava il formarsi di legami troppo diretti e profondi,  images (21)cat_dante_05citta08

 

 

nella famiglia moderna, la funzione del padre è fortemente caratterizzata da un innalzamento della sua portata affettiva. La distinzione tra legami privati e relazioni sociali, è un grande progresso che ha determinato un’evoluzione nella vita privata ed un arricchimento dei legami affettivi. I sentimenti parentali sono diventati più profondi e quindi più complessi, ed anche conflittuali. La crisi della paternità, sembrerebbe quindi causata dalla necessità di far coincidere i nuovi bisogni affettivi suscitati dall’evolversi dei rapporti intrafamiliari e l’incapacità dei padri di affrontarli in maniera soddisfacente. Se è vero che un figlio cerca la sicurezza e la necessità di essere compreso, l’instabilità, l’irregolarità, l’insicurezza, sintomi della mancanza di disponibilità emotiva/psicolgica, esasperano i malintesi creati dalle richieste del figlio.

R. Elges, libraio, nato nel 1955 da “Padre cercasi” di Gebauer K.

La prima cosa che mi viene in mente quando penso a mio padre è il pastore che predica dal pulpito…Era piuttosto uno che lasciava le faccende familiari a mia madre…Era un cocco di mamma ha voluto che sua madre vivesse con noi…Avevo un anno quando lui assunse un nuovo incarico lavorativo…Doveva occuparsi di una comunità più grande, alla quale consacrò tutte le sue energie. Aveva bisogno delle sue energie per il lavoro, ma per me non ne aveva…Non riesco a ricordare un’occasione in cui mio padre abbia giocato con me. Anche quando avevo preoccupazioni e paure, non sapeva aiutarmi. In seguito mi sono staccato da mio padre… Per me è stato un bene…Non vi era nessuna vicinanza emozionale…Il conflitto con mio padre mi ha fatto chiaramente capire il tipo di padre che volevo diventare. Ho modellato io stesso il mio ruolo paterno…. Ho accudito i miei bambini, ho fatto sentire loro la mia vicinanza fisica…Sono stato molto attento che mia moglie non monopolizzasse il rapporto con i bambini…Ho assaporato quei momenti in cui avevo l’attenzione dei bambini…Mi ricordo di tutte le loro nascite, ero sempre presente …Il nostro rapporto è cominciato li attraverso il calore e la vicinanza. Ha avuto inizio un rapporto che noi uomini dobbiamo costruire…Attualmente mia moglie deve assentarsi una volta al mese…Vi sono cose che uomini e donne fanno diversamente…Io collaboro con i miei figli…Concordiamo per esempio di fare entro un ora le cose che hanno priorità assoluta, poi ci dedichiamo ai giochi che possiamo fare insieme…Per molti padri questo è un ruolo spiacevole. Quando si ha una famiglia con tre figli ci si sente subito sovraccarichi …ci si rende subito conto che il tempo a disposizione è molto ridotto… Con i miei genitori non c’era nulla da imparare, il loro era un modello statico. C’era un padre patriarcale che però a casa non aveva pressoché nulla da dire. E c’era una madre che ogni volta appianava le cose”…

La storia del signor Elges è una storia comune a molti uomini che insoddisfatti del rapporto con il proprio genitore ed insoddisfatti dello scarso supporto fornito dai familiari trasformano un’esperienza insoddisfacente e lacunosa in un’esperienza appagante. Nella testimonianza appena citata il Signor Elges si confronta e confronta il proprio operato con quello paterno e con quello di altri padri con i quali condivide l’impegno verso i propri figli, la famiglia. Dà ampio rilievo alla vicinanza emozionale e fisica nei confronti dei ragazzi, offre loro sicurezza e protezione, fornisce stimoli, mostra interesse per i dispiaceri e le necessità dei bambini, organizza le attività quotidiane ed è disponibile al confronto. Un atteggiamento paterno ricco di attenzioni verso i figli, un atto volontario, compiuto dal protagonista che mai delega le proprie responsabilità, che trae giovamento dall’amare, che prova gioia nel dare, che è felice di rendere felice. La maggior parte degli uomini desidera essere un padre capace di offrire appoggio, perciò…Coraggio Papà!

 

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