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Ott 20, 2015 - generale    Commenti disabilitati su Studi Aperti

Studi Aperti

Settimane del benessere Psicologico in Sardegna,

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dal 29 ottobre all’8 novembre, consulenze informative gratuite, su prenotazione telefonica

                Dr.ssa Carla Piras

Psicologa, Mediatrice Familiare, Esperta in Psicologia Giuridica

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      Via Palestrina, 72, Cagliari

Ott 15, 2015 - generale    Commenti disabilitati su Settimane del benessere psicologico in Sardegna

Settimane del benessere psicologico in Sardegna

 

 

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Ott 10, 2015 - generale    Commenti disabilitati su Settimana del benessere psicologico

Settimana del benessere psicologico

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Set 3, 2015 - generale    Commenti disabilitati su Eustress, distress… che stress!

Eustress, distress… che stress!

imagesnnnnnConosciamo tutti il termine inglese, stress, viene comunemente usato con significati spesso contrastanti molto più spesso con una accezione squisitamente negativa: “mi sento stressato, che stress la posta, la riunione, il prof…la ceretta!”.

Quando parliamo di stress, ci riferiamo a stimoli di natura fisica o psicologica che interferiscono col normale funzionamento di un individuo; oppure ci si riferisce allo stesso, per indicare una risposta fisiologica a una data situazione, per esempio tachicardia sudorazione lingua felpata, associata a vari stimoli esterni; nella maggioranza dei casi ci si riferisce allo stress per indicare una combinazione di circostanze esterne e di risposte dell’individuo.

Secondo H. Selye, (1971), lo stress è la risposta generica dell’organismo a ogni richiesta che gli venga effettuata. La richiesta comprende una vasta gamma di impulsi che vanno dagli stimoli fisici, come caldo o freddo, agli sforzi muscolari, agli input emozionali, mentre, la risposta biologica è sempre la stessa. Sempre secondo Selye, lo stress, non può e non deve essere evitato perché costituisce l’essenza stessa della vita, perché non è una condizione patologica dell’organismo, anche se, in alcune circostanze, può produrre patologia, come quando lo stimolo, agisce con grande intensità e per lunghi periodi. È utile invece considerare che lo stress, in situazioni d’emergenza, può salvarci la vita. download (2)Per esempio, trovandoci nell’ipotetica situazione di un naufragio, come è capitato a K. Corda sulla Concordia, la velocità e la forza che lo stress possono attivarci, sono preziosissime! Ma, se ci trovassimo spesso in quella situazione, lo stress diverrebbe decisamente troppo da sopportare!

Lo stress è un insieme di reazioni di natura sia fisiologica che psichica che l’organismo mette in atto per rispondere a una data situazione. Ognuno di noi risponde agli eventi in maniera diversa, dal momento che, ognuno di noi, fa esperienze diverse e apprende diverse strategie.

In psicologia, si è soliti chiamare lo stress buono, images (31)eustress, e lo stress cattivo, images (24) distress.

L’eustress, è quello che, ci aiuta ad affrontare e superare le varie prove che la vita ci propone, dove tutte le funzioni del nostro organismo collaborano per cercare di migliorare la nostra condizione. Serve ad aumentare la capacità di comprensione e concentrazione, decidere con rapidità, mettere i muscoli in condizione di muoversi velocemente, avere a disposizione l’energia adatta ad agire. Il distress, è quello che provoca maggiori difficoltà, la “tensione cattiva” ansia, angoscia, paura di non farcela, qualche volta appresa in tenera età: non correre, non sudare, non sporcare, NON…. e allora evitiamo di fare cose che ci piacerebbe fare come, correre, sudare, sporcare… impariamo a evitare, e questa paura, a volte rimane.images (28)

Ma torniamo a noi ed al nostro stress, come evitare lo stress dannoso o trasformarlo in positivo, perché un individuo va incontro allo stress e un altro no, perché la stessa persona a volte reagisce stressandosi e a volte no? Psicologia e fisiologia ci vengono incontro con i loro diversi studi e ci dicono che non è tanto lo stimolo, quanto la rappresentazione mentale, cioè l’idea che ne facciamo, che lo trasforma in un potenziale pericolo. In condizioni di equilibrio, la previsione di un pericolo è senz’altro un vantaggio, in condizioni di squilibrio, la previsione può essere alterata, e può succedere che venga percepito un pericolo ciò che in realtà un pericolo non è, per cui, le condizioni di stress, permangono anche in assenza di eventi stressanti, oppure, l’organismo reagisce a stimoli di lieve entità in maniera sproporzionata.

download (1)Può essere fonte di distress qualsiasi cosa ci faccia vacillare, un esame, una gara, un incontro, ma è la terra che si muove o siamo noi ad aver perso l’equilibrio?

Il fattore umano viene spesso trascurato, quando invece, è alla base di tutto, c’è chi, è più bravo a superare la paura, a reagire positivamente, in pratica, a gestire al meglio le proprie emozioni e chi meno. Così come ci sono le persone più brave in matematica o negli sport, c’è chi possiede questa caratteristica psicologica, e chi, invece, deve acquisirla attraverso differenti strategie, esattamente come per qualsiasi altra abilità: maggiore allenamento o allenamento mirato.

E non sempre è vero che basta volerlo perchè succeda, basta dire che non vogliamo più pensieri negativi e che dobbiamo pensare in positivo perché tutto sia possibile. Se così fosse, vorrebbe dire che saremmo colpevoli dello svantaggio che ci affligge e, poveri noi, chi si salverebbe più!cartoon-smile-clip-art-642378

In base alle caratteristiche dei diversi soggetti ed in funzione delle problematiche che si presentano, vengono utilizzate strategie e tecniche diverse, come per esempio, il modeling che non è altro che l’apprendimento per imitazione di comportamenti tesi a regolare le nostre risposte agli stimoli; il coping o il problem solving, ecc, qundi scegliete l’approccio a voi più congeniale e… buon stress a tutti!

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Lug 19, 2015 - generale    Commenti disabilitati su La chiave perduta

La chiave perduta

download (9)Quando leggo questa frase non posso fare a meno di pensare all’aneddoto della chiave perduta letta in uno dei libri dell’ormai compianto P. Watzlawick…

Sotto un lampione c’è un ubriaco che sta cercando qualcosa, un poliziotto si avvicina e gli chiede che cosa abbia perduto. L’ubriaco risponde: la mia chiave, ed insieme si mettono a cercarla. Dopo aver cercato a lungo, il Poliziotto chiede se sia proprio sicuro di averla persa lì. L’altro risponde: no, non qui, là dietro, solo che là è troppo buio. (P. Watzlawick).download (9)

Sembrerebbe impossibile, assurdo, eppure…

Eppure ogni volta che leggo non posso fare a meno di restare affascinata, quasi ipnotizzata dalla veridicità e dalla corrispondenza che in tante storie di vita mi raccontano,

sembrerebbe la disavventura di un povero ubriaco che in preda ai fumi dell’alcol cerca nella zona sbagliata, ma il significato  è altro e contiene almeno due concetti fondamentali: il primo relativo a quello di nevrosi e resistenza al cambiamento; il secondo si riferisce alle tentate soluzioni che un soggetto cerca di mettere in atto per risolvere o superare un disagio psicologico.

images (3)Prendiamo come esempio un individuo con un disagio x, che non gli permette di vivere serenamente. La persona è spesso chiusa, non si apre facilmente e ha reazioni aggressive, ansiose, oppure indifferenti che infastidiscono chi la circonda e limitano la qualità di vita della stessa. Non comprende quale sia il reale motivo del suo comportamento, seppur sia consapevole dei suoi limiti. Attribuisce alla sfortuna, all’oroscopo, al gatto malato, alla nonna, alla congiunzione astrale…(scegliete voi), la causa per non aver trovato ancora un partner ideale, un amico sincero, un collega simpatico, la serenità…, (l’ubriaco cerca nel posto sbagliato), sostenendo che prima o poi cambierà.

17030780-disegnati-a-mano-illustrazione-disegno-di-chiave-vintageCome intento, si ripromette di cambiare atteggiamento e allo stesso tempo, mette in atto ricerche ancora più frenetiche (l’ubriaco  cerca sempre nello stesso punto).

Come il nostro amico ubriaco, spesso, piuttosto che affrontare le reali cause di un disagio, tergiversiamo e ci sottoponiamo ad inutili fatiche, che di fatto, non porteranno a nulla.

Gli individui, mettono in atto tutta una serie di strategie, per superare i propri disagi, che apparentemente permettono una condizione di stabilità ma che  di fatto si rivelano inefficaci.

In biologia, per adattamento, s’intende la modificazione/evoluzione delle caratteristiche biologiche, in vista della sopravvivenza della specie, in psicologia si parla di processo attraverso cui un individuo si adegua all’ambiente modificando/rinnovando i propri schemi di comportamento o operando sull’ambiente per trasformarlo in funzione delle proprie necessità stabilendo con esso una condizione di equilibrio o comunque di assenza di conflitto.

Mi sembra più che evidente l’importanza che il processo di adattamento occupi sia negli esseri umani che negli animali…garantisce la sopravvivenza ma richiede delle modifiche.17030780-disegnati-a-mano-illustrazione-disegno-di-chiave-vintage

Ma le persone fanno fatica ad abbandonare (cnfr. “Giù la Maschera!”) le proprie abitudini, i propri schemi di comportamento. Ed è ciò a cui si riferisce la nostra storiella, l’ostinata fedeltà nei confronti di schemi o comportamenti. Nonostante le condizioni mutino, chissà perché, le persone tendono a considerare le strategie che un tempo, in certe occasioni, si sono rivelate le migliori, ancora attuabili.

Ma l’adattamento, per sua stessa natura, prevede dei cambiamenti, ciò che in passato si è rivelato opportuno, col passare del tempo non lo è più, e, se non si utilizza la “strategia” giusta, si complica la situazione, e non si arriva a nulla, esattamente come per il nostro amico ubriaco. Lo sforzo che effettua nel cercare al buio è una falsa soluzione, così come attivare ricerche affannose. Sono tutti interventi destinati a fallire poiché non portano ad una reale  evoluzione.download (10)

Questa rigidità perseverante, ha come conseguenza che da un lato non consente di utilizzare la soluzione giusta e quindi complica la situazione;

dall’altro che sotto la tensione del disagio, si giunge alla conclusione di non essersi dati da fare abbastanza e si insiste con prove di verifica  fatte relativamente alla sua applicazione;

dall’altro ancora impedisce l’ aumentare del numero delle possibilità di scelta e la possibilità di sperimentare nuove soluzioni .

(P.Watzlawick, Istruzioni per l’infelicità)

La follia sta nel fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi ! (A Einstein)download (11)

 

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Lug 3, 2015 - generale    Commenti disabilitati su Sweet lies, dolci bugie

Sweet lies, dolci bugie

images (16)Tutti tessiamo tele di bugie, a volte per evitare punizioni, a volte per ricercare situazioni vantaggiose, per non recare danno a noi o agli altri.

Mentire è un comportamento comune, tipicamente umano, non è tipico dell’infanzia o dell’adolescenza, né necessariamente un indice di patologia. Dire le bugie è una pratica usata per manipolare i pensieri, i sentimenti e i comportamenti altrui, solitamente, si mente in modo spontaneo e naturale.download (8)

download (1)Nel caso delle bugie infantili va considerata la difficoltà a stabilire una linea di demarcazione tra l’alterazione della realtà e la tendenza alla riproduzione fantastica. Non appena i bambini sono in grado di utilizzare il linguaggio, con sufficiente capacità, sperimentano la possibilità di affermare, una verità diversa… spesso gli adulti chiamano bugia ciò che per il bambino è espressione di paure, o bisogno di rassicurazione.

Crescendo, la bugia, assume anche altri significati. Le motivazioni alla base del mentire possono essere diverse: alcune bugie servono a nascondere, altre ad esibire, vi sono bugie pubbliche e bugie private, ogni età e ciascuno dei due sessi, ha le proprie bugie.

download (4)La capacità di “mentire” può essere considerata una “conquista”, attraverso la quale, si cerca una posizione indipendente nel contesto familiare. In alcuni casi, specie a partire dall’adolescenza, motivo psicologico, tipico della bugia, è il bisogno di nascondere parti di un sé ancora troppo insicuro. La parte di Sé che si sceglie di nascondere, può essere diversa a seconda dei casi: la propria insicurezza o dipendenza, o la nuova identità. Una caratteristica dei maschi è l’uso della bugia come esagerazione delle proprie abilità;download (5)

Ci sono ragazzi che mentono solo in uno specifico contesto, in famiglia o a scuola, con gli amici o nei rapporti sentimentali. L’uso della bugia in adolescenza può dunque indicare una difficoltà di integrazione dei diversi aspetti di Sé. Utilizzare la menzogna, contribuisce alla costruzione di uno spazio privato: saper mentire rappresenta, in questo caso, l’espressione della necessità di avere uno spazio. Per esempio, un adolescente che non è in grado di sottrarsi al “controllo” dei genitori, segnala, la difficoltà a rendersi autonomo. In questo caso, la confidenza che alcuni genitori, pretendono e che, qualche volta vantano, rappresenta una violazione del nuovo Sé che, si definisce, elevando difese fra la propria vita e quella dei genitori.

Questo può avvenire anche in una relazione, perché, vivere in coppia, non significa rinunciare completamente al proprio diritto o bisogno di privacy. Nelle situazioni nelle quali c’è un disparità di potere, dire bugie può essere l’unica possibilità per preservare se stessi. Se un partner è troppo geloso, se un genitore è troppo invadente, se un datore di lavoro è troppo indiscreto, mentire può essere l’unico modo per evitare di subire accanimenti emotivi ripetuti.

imageskkkkkNegli adulti, oltre alla menzogna consapevole, per assicurarsi determinati “vantaggi”, può esistere una tendenza abituale alla bugia nella forma dell’esagerazione, a cui spesso crede l’autore stesso.

 

images (18)Adler ha introdotto l’espressione menzogna di vita per indicare quegli autoinganni con cui molti soggetti, compensano il loro complesso d’inferiorità. Ma è in campo amoroso che l’autoinganno si mostra in tutto il suo splendore: tutti conosciamo o abbiamo conosciuto, persone che decidono di rimanere in relazioni ormai lise quando non ci sarebbe bisogno di essere psicologi per capire che la reale motivazione è la paura di affrontare un periodo di solitudine post-separazione, con le incertezze che ne conseguono. Tutti abbiamo saputo della donna a cui, la vita ha riservato solo partner violenti, tutti noi abbiamo avuto esperienza di persone intelligenti, che si accompagnano a persone che non lo sono. Le premesse su cui pone le sue fondamenta, questo genere di pensiero, sono: “valgo poco”, “non valgo”, “non conto”, quindi non posso aspirare a niente di meglio.

Conta molto di più adeguarsi a norme ed ideali imposti: se qualcuno mi sceglie come compagna/o, valgo, se il mio capo, mio padre, mi fa un complimento, contoimages (17)

Dire bugie, quindi, come mezzo per evitare punizioni o rifiuti, per sentirsi approvati, per tutelare i propri spazi, per impressionare positivamente, per evitare dolore, per compensare…

Che lo si voglia riconoscere o meno, in ogni relazione, sono presenti diversi livelli di potere e, come regola generale, la persona che ha meno potere, è più incline alla menzogna, non è un caso che i figli mentano ai genitori, gli alunni agli insegnanti, i dipendenti ai datori di lavoro ecc

Ricordiamocelo, sempre, siamo importanti a prescindere, se noi per primi diamo valore a noi stessi, gli altri lo faranno di conseguenza, si può essere felici anche senza l’approvazione di tutti.

 

 

Giu 15, 2015 - generale    Commenti disabilitati su Ma che cos’è la dipendenza?

Ma che cos’è la dipendenza?

 

images (10)Ma che domanda è, tutti sappiamo cos’è…è ovvio! “Se vai in piazza o alla stazione vedi che è pieno di tossine…boh è la droga! Queste droghe sono dotate di forti impulsi chimici…ecco cosa significa dipendenza.

I tossicodipendenti sono spesso considerati come persone soggiogate, mosse all’azione da un circolo vizioso di assunzione/astinenza. Sebbene questo punto di vista possa sembrare attraente, è sostanzialmente sbagliato, (J.P.PJ. Pinel, Psicobiologia, pg. 321).

I tossicodipendenti, sono persone che abitualmente usano droga, ma non tutte le persone che usano droghe, sviluppano dipendenza, come mai? Cos’è che fa sì che ci siano persone che diventano tanto ossessionata da una droga, o da un comportamento, da non riuscire più a fermarsi? Negli ospedali per il trattamento del dolore severo, ci sono tante persone a cui vengono somministrati analgesici oppioidi, per lunghi periodi, di conseguenza, moltissime persone dovrebbero lasciare l’ospedale per finire alla ricerca di una dose per strada. Inoltre, come spieghiamo la dipendenza dal gioco, affettiva, dal sesso, dal computer? Sul tavolo da gioco, nel PC, non ci sono impulsi chimici images (11).

L’equivoco maggiore che riguarda la natura della dipendenza, concerne la sua relazione con la dipendenza fisica, molte persone le considerano la stessa cosa. La dipendenza fisica, non è il motivo principale della dipendenza…

Rat Park, (B.Alexander, anni ’70), docente di psicologia a Vancouver, sfidando l’assunto secondo cui le droghe causano un’immediata dipendenza, condusse un esperimento su un gruppo di topi.

Suddivise i topi in due gruppi.

images (9)Un gruppo venne collocato nelle gabbie tradizionali mentre, per l’altro gruppo, costruì un parco topi, una gabbia di lusso all’interno della quale i topi avrebbero avuto a disposizione sfondi colorati, il miglior cibo, gallerie, tanti amici e la possibilità di accoppiarsi.-YI-JU-removable-font-b-cartoon-b-font-Mitch-font-b-Rat-b-font-Park

Ad entrambi i gruppi venne data la possibilità di scegliere se bere acqua pura o acqua mischiata con gocce di morfina, tutti ovviamente finivano per assaggiare l’acqua di entrambe le bottiglie, non sapendo che cosa ci fosse dentro. Ma ai topi del “parco” l’acqua drogata non piaceva, generalmente la evitavano, consumandone meno di un quarto rispetto ai topi isolati. Nessuno di loro morì. E mentre tutti i topi, tenuti soli e infelici, ne facevano uso pesante, ciò non accadeva ad alcuno di quelli immersi in un ambiente soddisfacente. Alexander, non riuscì a far diventare dipendenti i ratti del ‘Rat Park’ anche dopo averli obbligati a bere morfina per due mesi, voleva capire se, una volta sviluppata una dipendenza, il cervello risultasse talmente tanto degradato da non potersi più riprendere, i topi mostrarono qualche problema d’astinenza, ma smisero di farne uso, tornando a vivere una “vita normale”.images (6)

Bowlby parlava di “dipendenza efficace” e dell’essere in grado, dalla culla alla tomba, di rivolgersi agli altri, per ricevere supporto emotivo. Gli esseri umani hanno una profonda necessità di formare legami ed entrare in contatto gli uni con gli altri. È così che ci gratifichiamo. Quando ci sentiamo insicuri, non accolti, diventiamo ansiosi, arrabbiati, rifiutiamo e restiamo distanti. Se non siamo in grado di entrare in “contatto” con gli altri, entriamo in contatto con qualsiasi altra cosa, carte, droga, alcool. Un alcolista si “lega” all’alcool perché non è stato in grado di legare, in modo altrettanto forte, con nient’altro, per cui il contrario dell’alcolismo non è la sobrietà, ma il contatto.

Sappiamo tutti che il fumo della sigaretta è uno dei più grandi generatori di dipendenza, il componente psicoattivo principale del tabacco è la nicotina. Quando furono sviluppati i cerotti alla nicotina ci fu un grande ottimismo, così come per la sigaretta elettronica, i fumatori di sigaretta avrebbero potuto godersi “la nicotina” senza le controindicazioni del fumo…

Ancora una volta, la storia che ci è stata raccontata sulle sostanze, come causa della dipendenza, per quanto vera, non è che un frammento all’interno di un mosaico più vasto. Ora cercare risposte certe al problema della dipendenza è come cercare di prendere l’acqua con le mani…c’è sempre qualche cosa che sfugge! Si cercano risposte che sono parziali, ma che possano, in qualche modo, gettare luce sulle vie da percorrere.

Tutto ciò riguarda tutti noi, perché ci costringe a pensare a noi stessi in maniera diversa. Gli esseri umani sono animali sociali, abbiamo bisogno di legami, di entrare in contatto di amare e di essere amati, non sono le droghe a portare alla dipendenza, a causarla è un disagio più profondo quella sensazione di isolamento dagli altri.

Giu 10, 2015 - generale    Commenti disabilitati su Giù la maschera!

Giù la maschera!

imagesoooSpesso capita che sperimentiamo la difficoltà ad accettare che gli effetti, di scelte fatte, non corrispondano alle nostre aspettative. Quante volte ci siamo sentiti lontani da noi stessi, quasi in un’altra vita, eppure imprigionati alla “quotidianità. Spesso, il tentativo di costruirci un identità coerente si rivela fallimentare. Goffman, sostiene che la vita sia come un teatro e che ogni essere umano sia un attore ed interpreti tanti ruoli.

images (2)Anche Pirandello usa la metafora del teatro e parla di maschere. Nel Fu Mattia Pascal, Mattia, si trova ingabbiato in un’identità imposta (moglie, società,… se stesso!) e fugge per liberarsi di una maschera, ma nella società, non si può vivere senza maschere e presto è tempo di crearne un’altra.

 Sembrerebbe una storia, improbabile, ma cosa faremmo noi se avessimo la possibilità di ricrearci una vita?

Mattia Pascal, si sente decentrato, si considera meno dello “sterco del diavolo”, poca cosa nell’universo; è l’archetipo dell’uomo moderno, nato dal crollo di antiche certezze, una persona ingannata. Copernico diventa metafora del cambiamento, in contrapposizione all’ingannevole verità delle apparenze.

Quando a Mattia si presenta l’occasione di cambiare, egli approfitta e finge la sua morte; prova ad essere diverso, prende il nome di Adriano Meis, s’impegna a costruire un nuovo io, si butta verso la libertà, ma tale slancio si dissolve nelle intenzioni, non sa come costruire un Se diverso. Il suo grande dramma consiste nel fatto che, tentando d’essere libero, si sente sempre più condizionato da insormontabili circostanze. La debolezza di carattere gli impedisce di essere un vero uomo capace di prendersi le sue responsabilità. Mattia ed Adriano si fondono di nuovo nella mess’in scena del suicidio, non all’altezza di prendersi le proprie responsabilità…di nuovo. Mattia, incapace di trovare un suo posto, racconta la sua storia in attesa della sua terza e definitiva morte, come se, solo questa, potesse togliergli l’ultima maschera.

Ma allora qual è la soluzione? Rassegnarsi a essere ipocrite maschere dietro falsi sorrisi? Possiamo indossare tante maschere, ma riveleremo mai noi stessi? Conosci te stesso,  diceva Socrate, 470/399, a.c.images (4)

Mattia fugge dalla sua vita, ma non può scappare da se stesso e così vive due mezze vite, senza viverne nessuna.

La fuga non è mai una soluzione, i problemi ci attenderanno e prima o poi vorremo tornare e potremmo scoprire che il mondo è andato avanti senza di noi…e che qualcuno ha preso il nostro posto.

Il fatto è che, qualunque escamotage si utilizzi, non si può fuggire da se stessi. Non importa quante maschere si è disposti a indossare, non ci si potrà mai nascondere dal proprio Io. Si potranno ingannare gli altri, ma la propria sofferenza non se ne andrà. E fintanto che ci si “nasconderà” non si sarà mai in pace con se stessi.

Questo accade perché la nostra mente è costantemente impegnata a far combaciare ogni pensiero, emozione, azione ed esperienza fatta e non sopporta docilmente che una di queste variabili non vada nella stessa direzione delle altre. Le persone hanno la necessità di mantenere la coerenza fra le opinioni e le credenze che possiedono sull’ambiente, su sestessi, sul proprio comportamento. La nostra mente deve sentirsi sempre in equilibrio, images (3)

la percezione di una dissonanza, disequilibrio, ci pone in una condizione di disagio e sofferenza.

La Dissonanza Cognitiva (Festinger, 1957), uno dei concetti, secondo me, più affascinanti della Psicologia Sociale, non è altro che la tensione che deriva dall’affrontare uno stato di conflitto tra due pensieri, emozioni, azioni, o combinazioni di questi, che vanno in direzioni opposte.

mulan__s_reflection_by_aerobesk-d5ea1emPiù i sentimenti, i pensieri e le azioni coinvolte si allontanano dal nostro sistema di credenze, cioè dalla idea che abbiamo di noi stessi, maggiore sarà il disagio. In questa situazione allora sarà facilmente prevedibile che se una persona viene indotta o attua un comportamento non corrispondente ad un proprio atteggiamento, credenza, opinione, sperimenterà uno stato di dissonanza. Si entra, allora, in uno stato di inquietudine, tra ciò che si è fatto e la realtà e si procede all’elaborazione di vari aggiustamenti, al fine di ridurla.

La mente inizia a scontrarsi tra l’accettare di aver commesso un errore, cosa che metterebbe in una posizione di inferiorità e il non voler accettare di aver compiuto una scelta sbagliata, di aver fallito. Le soluzioni che potrebbe trovare saranno diverse a seconda dei casi: attribuzione di causa a fattori esterni, oppure svalutazione della azione, razionalizzazioni, deformazioni della realtà.

In realtà quello che si sta rifiutando di accettare è di aver sbagliato e di affrontare il senso di fallimento che ne deriverebbe.

images (5)Alcuni esempi: gioco d’azzardo, fumo, bere, sostanze stupefacenti, sostanze dopanti, rubare, evadere, restare con un partner violento, tradire, spacciare…

Di solito le persone si rendono conto di quando il proprio agire entra in conflitto con le proprie idee o opinioni, pensiamo al senso di colpa, e sperimentano uno stato di allarme cambiando le proprie opinioni, aprendosi a “nuovi modi di percepire la propria condotta”: “d’altronde molti lo fanno” o “lo hanno fatto” e “non è poi così dannoso”, di aggiustamenti di questo tipo ce ne sono un’infinità…

Tuttavia, le conseguenze in certi casi, com’è facilmente intuibile, seppur mirino a ridurre la dissonanza, possono essere dannose per l’individuo che rimane facilmente esposto a rischi e situazioni altamente pericolose. Riconoscere le conseguenze della riduzione della dissonanza cognitiva, può essere utile ad evitare esiti ben più dolorosi.images (1)

Ciò che conta, però, è che la modificazione delle cognizioni, che appare una sorta di “autoinganno”, non è di per sé un processo giusto o sbagliato, ma che tali modificazioni siano effettivamente funzionali al benessere dell’individuo. Quando questo non accade, allora è meglio cambiare strategia.

Mag 24, 2015 - generale    Commenti disabilitati su Le etichette, sono per i vestiti!

Le etichette, sono per i vestiti!

 

Finocchio, checca, camionara, lella…a chiunque sarà capitato di usare, ascoltare, e utilizzare espressioni colorite come queste, riferendosi in modo più o meno dispregiativo e ironico.

Negro, cioccolatino, bingo-bongo…

Dawn, ritardato, decerebrato,

Ebreo, marrano, giudeo

Maghi, babbani, mezzosangue…

images (33)

Le etichette sono per i vestiti

Le nostre concezioni dell’identità di genere si formano così presto che da adulti tendiamo a darle per scontate. Le differenze sessuali influenzano considerevolmente le nostre vite, proprio perché profondamente radicate, non riusciamo ad accorgercene. Gli studiosi sono divisi circa il grado in cui le caratteristiche biologiche innate incidano sulle nostre identità e le influenze sociali, i fattori culturali, acquisiti attraverso l’apprendimento, concorrano a sviluppare l’identità di genere.

L’utilizzo del termine genere è avvenuto per la prima volta da parte di Gayle Rubin, (1975), ed ha sostituito in breve tempo l’uso di termini come i “due sessi” o “differenze” o “ruoli sessuali”. L’uso di tale termine ha a che fare con qualche cosa di più complesso della semplice differenza biologica, ha a che fare con le differenze costruite socialmente, fa riferimento a comportamenti e atteggiamenti che vengono attribuiti ad uomini e donne e che sono comprensibili solo in un determinato contesto. In letteratura troviamo frequentemente riportato il caso dei gemelli monozigoti ed il caso di Jan/James Morris. Nel caso dei gemelli monozigoti uno dei due rimase ferito al momento della circoncisione (ablatio penis), e per questo fu deciso di ricostruire i suoi organi nella forma femminile. Il soggetto venne allevato come una bambina ed acquisì i comportamenti caratteristici delle stesse. Tuttavia, intervistato ormai adolescente, riferì il proprio disagio rispetto la propria identità di genere. Il caso di Jan/James Morris riguarda un cambiamento di sesso. James Morris si sottopose all’intervento divenendo Jan Morris. Nel libro da lei scritto sull’esperienza del cambiamento, l’autrice riferisce di come non ci sia alcun aspetto dell’esistenza che non sia diverso per l’uomo e per la donna. Racconta di come si sia adatta al contesto e di come, si sentisse più donna, venendo trattata da “donna”; al punto che, essendo ormai noto ai più che le donne debbano essere incompetenti nel guidare o nell’aprire bottiglie…stranamente, si accorse di esserlo diventata! (Morris, 1974, cit in Giddens, 2000).

L’autoidentificazione primaria come uomo o come donna dipendono dalletichetta assegnata all’individuo alla nascita, in molti casi questa etichetta corrisponde a differenze biologiche anatomicamente significative, in altri no

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Prima ancora che i bambini possano identificarsi come maschi o come femmine, vengono influenzati da numerosi fattori. La differenza tra i sessi è la distinzione sociale primaria, il neonato viene “bersagliato” di messaggi socialmente connotati a seconda che sia maschio o femmina, maschi e femmine, divengono quindi oggetto delle rappresentazioni degli altri. L’accettazione di quest’aspetto, è stata affidata al processo che viene definito inculturazione o socializzazione cui ogni individuo viene selettivamente sottoposto.

Avevo quindici anni. Sapevo che mi piacevano gli uomini. Sentivo questa differenza. Ma non era concettualizzata. Non era materializzata nella mia testa. E fu lui, Carlo, quella volta che ci eravamo toccati e che gli era piaciuto anche a lui, a dirmi:”Ma allora tu sei finocchio”. Io non sapevo che cosa volesse dire la parola. Pensavo che fosse un gioco, uno scherzo. Poi da lì realizzai tante cose che mio padre mi aveva detto a casa e ho legato tutto e ho capito che finocchio voleva dire che gli piacevano gli uomini , che era una cosa assolutamente sporca, che non doveva essere fatta, che era contro natura. Nell’arco di un mese realizzai tutto.”

(da Omosessuali Moderni cap I, pag 40)

download (14)Gli studi sulle interazioni madre bambino rilevano numerose differenze di trattamento fra maschi e femmine come per esempio il tono di voce con cui ci si rivolge ad un bambino sapendo che è maschio o sapendo che è femmina. I giocattoli, i libri, i programmi televisivi, gli sport, e persino il linguaggio tendono tutti ad enfatizzare le differenze fra caratteristiche maschili e femminili ed a rafforzare gli stereotipi di genere. Nei negozi troviamo la divisione per settori, maschile: pistole, macchine; femminile: bambole, set di cucina, trucchi. Nel linguaggio le etichette linguistiche di alcune professioni sono riferite al genere maschile, per esempio medico, rettore, ed altre, solo al femminile per esempio meretrice,…

download (18)L’adeguamento al ruolo ascritto avviene attraverso pressioni culturali in cui assumono massimo rilievo l’interiorizzazione dei valori e l’adesione allo stesso; pena, l’emarginazione sociale.

L’omossessualità, rileva Tommaso, non è una cosa facile. E’ una continua lotta fra te, quest’altro essere, Dio, la gente, la famiglia, …Io avrei preferito morire, non nascere così. Mi è capitato di pensarlo. Ci sono delle volte che mi sono andato a coricare pregando il Signore che non mi facesse svegliare, proprio per il fatto di non poter vivere alla luce, di non poter amare una persona come dico io.”

(Omossesuali Moderni, cap I, pag. 57)

Sono le culture che definiscono, identificano, ed amplificano le differenze download (16) dei ruoli di genere, stabilendo il predominio maschile sulla base di una specializzazione nei compiti che uomini e donne quotidianamente devono assolvere. Noi riproduciamo il genere attraverso migliaia di piccoli comportamenti nel corso di tutta la giornata. Attraverso le interazioni con gli altri costruiamo, anzi co-costruiamo il genere che, in quanto istituzione sociale, viene creata e ricreata anche in altre istituzioni sociali quali la famiglia, la scuola, il lavoro. Attualmente la separazione fra i generi non è più così marcata, soprattutto fra le giovani generazioni, la separazione fra caratteristiche maschili e caratteristiche femminili è meno rigida. La maggiore permeabilità dei confini ha reso meno polarizzati gli stereotipi ed ha consentito alle persone di uscire dai confini delle proprie categorie però la strada ancora è lunga! Un pochino però, tutti possiamo contribuire ad “accorciare” la distanza, potremmo insegnare ai nostri figli che non ci sono giochi da maschio e giochi da femmina, ma solo giochi, non ci sono “cose” da maschi e “cose” da femmina ma cose…che non ci sono etero o gay, ma persone.

 

Apr 25, 2015 - generale    Commenti disabilitati su I pregiudizi sulla Psicologia

I pregiudizi sulla Psicologia

Mi serve uno psicologo?   download (1)

I pregiudizi sulla psicologia sono tanti. Prima di metterci in contatto con un professionista in questo campo ci facciamo molte più domande che per chiamare un dentista o un idraulico. Perché? Perché del dente, delle tubature vediamo la contingenza, e sappiamo che non sono una nostra limitatezza. Se invece il malessere è di natura personale, pensiamo che la soluzione non arriverà o che la si possa, semplicemente… aspettare!

Perchè se ci si rivolgesse ad uno psicologo significherebbe che la nostra difficoltà sarebbe reale,

perché ci metteremmo in una posizione scomoda,

perchè saremmo ritenuti dei malati, (non a caso veniamo chiamati strizzacervelli),

perché se uno ha bisogno di sfogarsi, è sufficiente parlare con un amico,

perché costa !!!   salvadanaio-immagine-animata-0018

La psicologia e la crescita personale non sono questo. Dallo psicologo si affrontano delle difficoltà interiori, si definiscono i problemi e gli obiettivi, e si decide come lavorarci sopra. Il professionista è in grado di fare qualcosa di qualitativamente diverso rispetto al dare consigli e all’ascoltare, come potrebbe invece, fare un amico. Il professionista possiede gli strumenti e le tecniche, che la ricerca gli ha messo in mano, per guidare la persona verso la comprensione e la modificazione attiva di quei comportamenti, atteggiamenti, affetti, che possono essere causa di disagio. Vero è, che il desiderio di cambiare, è ben diverso dal pretendere che qualcuno ci risolva i problemi. Non basta iscriversi in palestra per vedere dei miglioramenti, bisogna andarci, sudare e faticare!!! Se non si è realmente motivati a mettersi in gioco e in discussione, non ci sarà nessun cambiamento. Non sarà rassicurante, ma questa è la psicologia, rappresenta un investimento per il nostro benessere, per il presente e per il futuro.

E’ davvero curioso come, a volte, il nostro punto di vista sulle cose possa diventare così poco flessibile che si renda necessario che qualcuno dall’esterno ci aiuti, così facendo, ci permette di esplorare altri modi di vedere e giudicare gli eventi. E’ un punto di vista supportato dall’esperienza e dalle conoscenze scientifiche, la realtà non sempre è come ce la immaginiamo. Ci sono momenti, in cui è proprio il fatto di “essere nella nostra pelle,” che non permette di trovare la soluzione. Cosa succede realmente, lo si capisce solo provandolo di persona, ed è davvero difficile descrivere l’intensità delle emozioni in gioco durante una seduta, nella mia esperienza, ho imparato che non ci sono formule magiche, ma che ogni incontro, è una storia.

Quindi, quando rivolgersi ad uno psicologo?   imagesCAHJTWOD

Quando sembra che le nostre scelte siano tutte sbagliate…

Quando si sta vivendo un momento di difficoltà e si ha bisogno di fare chiarezza per andare avanti…

Quando un sintomo sta rendendo difficile la nostra quotidianità e le nostre relazioni (fobie, attacchi di panico, difficoltà sessuali)

Quando la nostra salute è compromessa da un comportamento inadeguato e pericoloso (problemi alimentari, droga, alcol, vecchie e nuove dipendenze etc.)

Quando la nostra vita di coppia è ad un bivio…

Quando la nostra vita di coppia ha difficoltà, ci si sta separando o si ha un calo dell’attrazione, o si è vissuto un tradimento…

Quando ci si sente soli e non si riesce a realizzare quello che vorremmo…

Quando siamo separati ma vogliamo un aiuto per il bene dei nostri figli e non vogliamo smettere di essere e fare i genitori…

Quando il rendimento scolastico dei nostri figli è problematico …

Quando viviamo con una malattia che limita la qualità della nostra vita …

Quando qualche comportamento di un nostro caro ci sta preoccupando…

Quando la nostra vita corre troppo e abbiamo bisogno di imparare a rilassarci…

Quando nella nostra vita è venuto a mancare qualcuno di speciale e abbiamo bisogno di aiuto per andare avanti…

Quando abbiamo solo bisogno di uno spazio nostro dove mettere ordine nel racconto della nostra vita.

 

Se si desiderano maggiori informazioni, suggerire argomenti da trattare,

o una consulenza mirata

callDr.ssa Carla Piras

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cpstudio3@virgilio.it

E’ possibile effettuare consulenze via Skype.

Questo Blog ha come fine quello di favorire la riflessione su temi di natura psicologica. Le informazioni fornite hanno carattere generale e non sono da intendersi come sostitutive di regolare consulenza professionale. Le mail saranno protette dal più stretto riserbo e non verranno pubblicate.

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