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Mag 29, 2015 - mediazione    Commenti disabilitati su La Mediazione Familiare brevi cenni storici.

La Mediazione Familiare brevi cenni storici.

 La Mediazione Familiare brevi cenni storici

images (43)La Mediazione Familiare nasce negli anni settanta, negli Stati Uniti, ad opera di un avvocato e psicologo ed esperto in mediazione del lavoro, che provato dalla sua personale esperienza di separazione ebbe l’intuizione ed elaborò la procedura. In Italia, la mediazione arriva verso la fine degli anni ottanta a Milano nel 1987 dove opera il GEA, Centro genitori ancora, con il modello della mediazione parziale orientato alla responsabilizzazione dei genitori nei confronti dei figli, che nella mediazione non vengono coinvolti. A Roma nel 1988 da una collaborazione tra il Centro studi di Psicologia Giuridica dell’età evolutiva e della famiglia dell’Università La Sapienza e l’Ufficio tutela della pretura di Roma con lo scopo di creare un contesto nel quale creare un’esperienza di accoglienza psicologica e relazionale dell’esperienza della separazione. Anche a Roma il modello adottato è quello della mediazione parziale, con in più la variante dell’invio da parte del Giudice che ha già esperito un tentativo di riconciliazione e della possibilità di coinvolgere, se necessario i figli, con l’obiettivo di dar voce ai loro bisogni. Nel tempo si sono sviluppati numerosi centri di mediazione con diverso tipo d’orientamento. Sono state fondate anche diverse associazioni quali, per esempio l’A.I.M.S., Associazione Internazionale mediatori sistemici, ISCRA di Modena, ITF di Firenze, SIMeF Società Italiana di Mediazione Familiareimages (4).

Nei principali modelli di mediazione familiare il denominatore comune riguarda il principio della competenza.  Le diverse modalità di definizione degli obiettivi e la diversa articolazione degli interventi, comportano una diversa attribuzione di significato al principio stesso di competenza. I diversi modelli tentano di trovare un equilibrio tra la considerazione degli aspetti pragmatici e la considerazione degli aspetti relazionali, cercando di risolvere in vario modo i rischi connessi al prevalere dell’uno o dell’altro aspetto. Nel modello basato sui bisogni evolutivi, per esempio, l’aspetto chiave è rappresentato dalla possibilità che una parte del lavoro di mediazione, sia destinata anche alla costruzione di uno spazio in cui siano possibili, gli scambi emotivi, i richiami al passato, mantenendoli, comunque, limitati nel tempo e nello spazio, e non trascurando gli obiettivi pragmatici.

Al fine di definire meglio cos’è la mediazione ma soprattutto cosa non è, riportiamo la prima definizione di mediazione familiare messa appunto dalla Association pour la promotion de la mèdiation familiare, APMF, 1990:

-La mediazione familiare in materia di divorzio o di separazione, è un processo in cui un terzo, neutrale e qualificato, viene sollecitato dalle parti per fronteggiare la riorganizzazione resa necessaria dalla separazione, nel rispetto del quadro legale esistente. Il ruolo del mediatore familiare è quello di portare i membri della coppia a trovare da sé le basi di un accordo durevole e mutuamente accettabile. Tenendo conto dei bisogni di ciascun componente della famiglia e particolarmente di quello dei figli in uno spirito di corresponsabilità e di uguaglianza dei ruoli genitoriali.

La definizione contenuta nella Carta Europea degli standard di base, per la formazione professionale dei mediatori familiari, redatta dal Forum Europeo di formazione e ricerca in mediazione familiare costituito a Marsiglia nel 1997, al quale aderiscono i più importanti centri di ricerca e formazione sulla mediazione familiare europea:

-La mediazione familiare in materia di divorzio e di separazione personale dei coniugi è un processo nel quale un terzo, specificatamente formato, viene sollecitato dalle parti per fronteggiare le riorganizzazioni rese necessarie dalle separazione, nel rispetto del quadro legale esistente. I mediatori operano per ristabilire le comunicazioni tra coniugi al fine di pervenire a un obiettivo concreto, la realizzazione di un progetto di organizzazione delle relazioni genitoriali e materiali dopo la separazione o il divorzio.

La Mediazione Familiare in materia di divorzio e di separazione non è né una consulenza legale, né una consulenza di coppia/familiare, non è una terapia. I mediatori possono suggerire agli interessati di consultare altri professionisti del Diritto, delle Scienze umane, e così via, ogni volta che se ne riconosce la necessità.

In Italia, citiamo la definizione di mediazione familiare utilizzata dalla SIMeF, Società Italiane di Mediazione Familiare:

-La mediazione familiare è un percorso per la riorganizzazione delle relazioni familiari in vista o in seguito alla separazione o al divorzio: in un contesto strutturato il mediatore familiare, come terzo neutrale, e con una preparazione specifica, sollecitato dalle parti, nella garanzia del segreto professionale e in autonomia dall’ambito giudiziario, si adopera affinché i partner elaborino in prima persona un programma di separazione soddisfacente per sé e per i figli, in cui possano esercitare la comune responsabilità genitoriale.

Come abbiamo visto i primi passi della mediazione familiare sono stati effettuati nel tentativo di arginare gli effetti deleteri della gestione giudiziaria di un conflitto, quale quello fra ex partner, che tutto ha, tranne che la possibilità di essere gestito, contenuto o risolto attraverso il ricorso ad un GiudiceGrazia_Negata.

La conflittualità che esiste tra due persone che si separano, è molto diversa dalla conflittualità esistente fra due persone che si rivolgono ad un Giudice per un motivo qualsiasi. La vicinanza affettiva rende il conflitto fra ex partner del tutto particolare, dove, comportamenti apparentemente irrazionali ed incomprensibili, vanno decifrati utilizzando un diverso codice.  Il punto non è tanto stabilire chi ha torto o chi ha ragione, ma cercare,  nel rispetto delle reciproche diverse posizioni, di formulare degli accordi, che consentano una coesistenza il più possibile produttiva.Per quanto possa apparire paradossale  o assurdo, a volte è più facile accettare la scomparsa della persona amata che non la separazione.

oppure…

 

Mag 29, 2015 - mediazione    Commenti disabilitati su Negoziazione: transazione, arbitrato, mediazione.

Negoziazione: transazione, arbitrato, mediazione.

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Introduzione alla Mediazione

La negoziazione rappresenta la forma più evoluta di coordinamento fra gli esseri umani, è possibile se vi sono due o più parti negoziali portatori di differenti interessi ed è finalizzata al raggiungimento di un accordo vantaggioso. E’ uno strumento dal quale è possibile, decifrando le divergenze, creare valore. Accade tuttavia che, nel corso della transazione, le parti arrivino ad un vicolo cieco images (40)ed il negoziato non possa progredire. In tali circostanze la transazione si presenta difficile e per la prosecuzione delle trattative è possibile utilizzare una terza parte, in grado di sbloccare la situazione. All’interno di una dinamica negoziale “le terze parti” che possono essere chiamate in causa sono sostanzialmente il negoziatore, il mediatore e l’arbitro. La differenza tra arbitrato e transazione, e mediazione non è di poco conto.

Nell’arbitrato le persone cercano una soluzione, con l’aiuto di un terzo neutrale che, sentite le parti, decide per loro. L’arbitraggio non incoraggia le parti a cercare una soluzione, a impegnarsi responsabilmente nel ricercare un accordo negoziato a assumere atteggiamenti cooperativi.

Nella transazione si cerca un compromesso intorno alle posizioni dei contraenti. Si tratta più che altro di una scomposizione che verte più sulle pretese, che sui reali motivi delle stesse. Il negoziatore riferisce le volontà delle parti e, per le decisioni ad esse, si deve rivolgere.

Cercherò di chiarire con un esempio. In casa ci sono quattro mele,images (45) Gina vuole fare una torta, ma Pina, la sorella, vuole fare l’impacco. Per fare la torta serve la polpa,  mentre per l’impacco occorre la buccia. Entrambe vogliono le mele. Arriva la mamma, (arbitro), sente che non si accordano, si stanca e consegna due mele a Gina e due a Pina…images (47) le mele ora sembrerebbero “equamente divise ma ne Gina ne Pina, sono contente ed entrambe non possono soddisfare i loro “bisogni”.

La mediazione si presenta come un’alternativa rispetto alla conciliazione (arbitrato e transazione), poiché prevede che le parti vengano, sollecitate a raggiungere un accordo che però deve essere liberamente disposto dalle stesse. La figura del mediatore, rispetto alla figura dell’arbitro facilita la collaborazione fra le parti, il reciproco ascolto, non favorisce la delega ma sollecita l’assunzione della responsabilità ed incoraggia le parti affinché raggiungano un accordo, soddisfacente per entrambi: la polpa a Gina per fare la tortaimages (44) ; la buccia a Pina per fare l’impaccoimages (46)

continua

 

 

Se si desiderano maggiori informazioni, suggerire argomenti da trattare,

o una consulenza mirata,

callDr.ssa Carla Piras

3248497238

cpstudio3@virgilio.it

 

 

 

 

 

Mag 29, 2015 - mediazione    Commenti disabilitati su La Mediazione Familiare

La Mediazione Familiare

download (3)Dal conflitto al confrontoimages (3)

Il percorso di mediazione familiare rappresenta per le coppie un’opportunità per esplorare soluzioni innovative e personalizzate. E’ uno strumento che offre ai coniugi un’occasione per promuovere le risorse e sostenere e mantenere le competenze genitoriali.  E’ opportuno promuovere la Mediazione, perché possa diventare culturalmente un normale mezzo e metodo nelle relazioni, e possa diventare contemporaneamente, un’occasione di prevenzione e di educazione. Offre alle persone che si stanno separando o che attraversano un periodo di impasse un luogo, uno spazio e un tempo, dove è possibile preservare quello che di positivo è stato, tra tutti i membri della famiglia. Attraverso un processo di partecipazione, la Mediazione Familiare educa a trasformare il conflitto in un rapporto di collaborazione anche nel futuro. Mediare è una tecnica che richiede una certa dose di creatività, e ingegno oltre che di innovazione sociale; richiede al mediatore ed alle parti, la capacità di desiderare e far desiderare uno scenario diverso da quello che oggi li vede in lotta. images (1)

La separazione, ha caratteristiche di rischio/opportunità, ed esita in una trasformazione adatta al nuovo status. La continuità del legame tra genitori e figli passa necessariamente, attraverso “questa” trasformazione del legame tra ex che, se non collaborano, può trasformarsi in ritorsioni, litigi, rivendicazioni che alimentano la conflittualità,  che se non ben gestita, può portare a situazioni deleterie e costose.

La Mediazione è rivolta a:

coppie,

coppie sposate o conviventi,

coppie con o senza figli in fase di separazione,

coppie separate o divorziate con o senza figli, che vogliono rivedere gli accordi,

coppie in crisi,

Gli obiettivi sono la promozione dell’autonomia e della reciprocità, la prevenzione del disagio che una relazione conflittuale potrebbe causare, la possibilità di affrontare le motivazioni del conflitto in un’ottica di risoluzione e di riconoscimento dei reciproci e diversi bisogni, la possibilità di trovare accordi personalizzati e partecipati, adeguati alle esigenze della singola realtà personale, relazionale e sociale. Un intervento che permette alle parti di mantenere o ristabilire il controllo rispetto alla gestione dell’evento, seguendo un’esigenza emotiva di tutela, soprattutto se si è in presenza di figli, che il solo aspetto legale non è in grado di accogliere. La mediazione Familiare non si contrappone all’iter legale ma lo affianca, con l’intento di risolvere, in maniera stabile e duratura, le controversie, con costi davvero contenuti, un procedimento normale, infatti, può durare anche diversi anni, una Mediazione, non più di qualche mese.

imagesMi sento, quindi, di consigliare di smettere di litigare, che in termini emotivi ed economici è troppo costoso! Smettere di cercare il “cattivo” e deporre le armi, scegliere, di rivolgersi ad un professionista ed avviare un percorso di Mediazione Familiare, quello a voi più congeniale che vi aiuti a superare la separazione emotiva in modo che anche quella legale sia quanto più breve ed economica.

 

Mag 27, 2015 - Separazione    Commenti disabilitati su Voglia di…paternità!

Voglia di…paternità!

images (34)Paternità…

Durante la separazione, i membri della coppia sono talmente tanto coinvolti nella crisi che difficilmente, riescono a trovare le energie per altre cose, che non sia il loro conflitto. Se già nel quotidiano, nella normalità, i membri di una coppia a fatica riescono a distinguere il ruolo di genitore da quello di marito/moglie e uomo/donna, figuriamoci a seguito di una separazione. Dopo la disorganizzazione di rito, subentra l’organizzazione, ed è in questa organizzazione che spesso, i nuovi padri, non riescono a ritrovarsi. Ora:

accusare la madre, (quella stregabiancaneve2  che non ci fa vedere i figli);

la società, (che per come è strutturata non consente spazi);

il padre, (che per come mi ha educato…Dio ce ne scampi e liberi!).

Incolpare gli altri di ciò che non si riesce a fare nella propria vita, equivale a rifiutarsi di considerare se stessi responsabili. Rifiutando la responsabilità, o comunque addebitandola, il fallimento è garantito e anche giustificato.

Sebbene l’interesse per la figura paterna sia iniziato intorno agli anni settanta, e dagli anni settanta ad oggi siano stati fatti importanti passi avanti, l’immagine ed il ruolo paterno, sono tuttora, fortemente connotati, da una forte disparità e incongruenza. I dati delle ricerche testimoniano che le trasformazioni in atto riguardano la concezione dei rapporti interfamiliari, sono cioè le rappresentazioni dei rapporti fra i sessi, della paternità e della maternità, ad essere cambiati. In qualunque fase di sviluppo si trovino i figli ed in qualunque momento della separazione si trovino i genitori, è bene ricordare che il modo in cui gli stessi presentano la “ristrutturazione” dei rapporti, costituisce un elemento fondamentale per la costruzione dei significati dell’esperienza in corso.

mfLe risorse attivate dai genitori e dai figli in una prima fase dell’evento separativo, costituiscono delle risposte di tipo adattivo, aventi funzione analgesica e di recupero di un ordine rispetto allo stress dell’ignoto. La ristrutturazione di un rapporto, a seguito di una separazione, non è impresa di poco conto neanche per quelle coppie, particolarmente illuminate, in cui ci si sosteneva reciprocamente. La ridefinizione della paternità a seguito della separazione, senz’altro, richiede dei costi aggiuntivi.images (12)

Sempre più uomini mettono la famiglia al primo posto, alcuni rinunciano a dei trasferimenti, o a delle promozioni per poter trascorrere più tempo con la famiglia.

Dal sito I.S.P., Notizie in breve: “Dopo il “caso Cofferati” in casa nostra, altri due padri “eccellenti” rinunciano, in tutto o in parte, alla loro professione per occuparsi di più dei figli, rispettivamente negli USA e in Svizzera. Tony Fadell, 39 anni, creatore dell’iPod, lascia il posto di vicedirettore generale senior della Divisione iPod di Apple per stare più tempo con i due figli. Farà il consulente del presidente, con tempi molto più elastici. Anche la moglie, vicepresidente delle Risorse Umane nella stessa azienda, andrà via a fine anno per lo stesso motivo. Elmar Ledergerber, sindaco di Zurigo dal 2002, ha lasciato il posto per occuparsi a tempo pieno del figlio, quasi sedicenne. Insignito da un gruppo di ricercatori inglesi del titolo di “secondo miglior sindaco del globo”, Ledergerber ha detto fra l’altro: “Sogno di cucinare per me e per mio figlio e non di tornare a casa di corsa sbattendo nel forno in fretta e furia una pizza surgelata”.

download (20)Numerosi sono i movimenti degli uomini e dei papà ed i siti Internet a loro dedicati, alcuni uomini, stanno imparando il difficile mestiere di papà, abbandonandosi, ma non limitandosi, a fare ciò che le mamme hanno sempre fatto, e pian piano, questi uomini stanno cambiando il modo in cui i padri hanno storicamente programmato la mascolinità e la femminilità dei figli e conseguentemente la paternità. Questi movimenti sono, come per gli studi sulla paternità, agli inizi, ed anche se dei cambiamenti si sono verificati, la resistenza maschile a simili mutamenti è molto forte.

Dal sito I.S.P., Notizie in breve: “Ennesima tragedia legata alla separazione. A Pisa un padre ha ucciso a martellate i figli, di tre e sette anni, ha bruciato i loro corpi poi si è dato fuoco ed è morto. Secondo le notizie di stampa, l’uomo, Simone Parola, un ex fantino di 38 anni, non accettava la separazione, che si era conclusa una quindicina di giorni prima. Insieme alla madre dei bimbi era stato deciso che avrebbe tenuto i figli il sabato”.

Questi, sono ancora oggi, gli strascichi dei privilegi patriarcali sulle donne e sui figli. I crimini violenti sulle donne perpetrati da parte d’uomini conosciuti, partner, ex partner, padri, sono in aumento, le madri coniugate e non, che lavorino o che non lavorino, sopportano il novanta per cento delle responsabilità verso i figli; le leggi a favore delle donne e dei figli vengono redatte, o vietate, o non applicate ad opera di uomini, essi stessi padri. Se da un alto la resistenza maschile al cambiamento è molto forte, (d’altronde, chi glielo fa fare, i simboli del ruolo maschile sono decisamente più remunerativi), dall’altro lato, occorre sottolinearlo, il supporto femminile non è privo di colpe. Alcune donne sono intrappolate nel mito della sacralità del prendersi cura degli altri, sono disposte a fare qualsiasi cosa pur di “mantenersi un uomo”, coprono/giustificano il marito/partner arrivando addirittura a negare i comportamenti incestuosi, considerano gli uomini come dei grossi bebè da accudire e coccolare, deresponsabilizzandoli completamente.

La nuova paternità richiede molto più che desideri e buone intenzioni, gli uomini hanno il potere di effettuare cambiamenti che le donne, malgrado il loro vigoroso appoggio, non sono riuscite ad effettuare. Così come successe per i movimenti femminili, degli anni sessanta e settanta, che aiutarono le donne a prendere coscienza, di come fossero state defraudate e di come si fossero defraudate, così anche i gruppi maschili consentiranno agli uomini/padri di acquisire consapevolezza e di navigare in acque sconosciute come quelle dell’emotività, delle relazioni, del reame domestico, finora esclusivo appannaggio femminile. Sicuramente non è facile educare i figli/uomini in modo non sessista ed è altrettanto difficile educarli contrastando gli stereotipi della società, certamente per gli uomini abbandonare un passato patriarcale e i requisiti culturali del machismo (misura del pene, numero di donne, auto appariscente, e tutti gli altri arbitrari valori maschili), richiederanno tempo e fatica, ed anche qualche rinuncia!

 

 

 

 

Mag 24, 2015 - generale    Commenti disabilitati su Le etichette, sono per i vestiti!

Le etichette, sono per i vestiti!

 

Finocchio, checca, camionara, lella…a chiunque sarà capitato di usare, ascoltare, e utilizzare espressioni colorite come queste, riferendosi in modo più o meno dispregiativo e ironico.

Negro, cioccolatino, bingo-bongo…

Dawn, ritardato, decerebrato,

Ebreo, marrano, giudeo

Maghi, babbani, mezzosangue…

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Le etichette sono per i vestiti

Le nostre concezioni dell’identità di genere si formano così presto che da adulti tendiamo a darle per scontate. Le differenze sessuali influenzano considerevolmente le nostre vite, proprio perché profondamente radicate, non riusciamo ad accorgercene. Gli studiosi sono divisi circa il grado in cui le caratteristiche biologiche innate incidano sulle nostre identità e le influenze sociali, i fattori culturali, acquisiti attraverso l’apprendimento, concorrano a sviluppare l’identità di genere.

L’utilizzo del termine genere è avvenuto per la prima volta da parte di Gayle Rubin, (1975), ed ha sostituito in breve tempo l’uso di termini come i “due sessi” o “differenze” o “ruoli sessuali”. L’uso di tale termine ha a che fare con qualche cosa di più complesso della semplice differenza biologica, ha a che fare con le differenze costruite socialmente, fa riferimento a comportamenti e atteggiamenti che vengono attribuiti ad uomini e donne e che sono comprensibili solo in un determinato contesto. In letteratura troviamo frequentemente riportato il caso dei gemelli monozigoti ed il caso di Jan/James Morris. Nel caso dei gemelli monozigoti uno dei due rimase ferito al momento della circoncisione (ablatio penis), e per questo fu deciso di ricostruire i suoi organi nella forma femminile. Il soggetto venne allevato come una bambina ed acquisì i comportamenti caratteristici delle stesse. Tuttavia, intervistato ormai adolescente, riferì il proprio disagio rispetto la propria identità di genere. Il caso di Jan/James Morris riguarda un cambiamento di sesso. James Morris si sottopose all’intervento divenendo Jan Morris. Nel libro da lei scritto sull’esperienza del cambiamento, l’autrice riferisce di come non ci sia alcun aspetto dell’esistenza che non sia diverso per l’uomo e per la donna. Racconta di come si sia adatta al contesto e di come, si sentisse più donna, venendo trattata da “donna”; al punto che, essendo ormai noto ai più che le donne debbano essere incompetenti nel guidare o nell’aprire bottiglie…stranamente, si accorse di esserlo diventata! (Morris, 1974, cit in Giddens, 2000).

L’autoidentificazione primaria come uomo o come donna dipendono dalletichetta assegnata all’individuo alla nascita, in molti casi questa etichetta corrisponde a differenze biologiche anatomicamente significative, in altri no

images (17)  images (16)  D00DZ  13391702

Prima ancora che i bambini possano identificarsi come maschi o come femmine, vengono influenzati da numerosi fattori. La differenza tra i sessi è la distinzione sociale primaria, il neonato viene “bersagliato” di messaggi socialmente connotati a seconda che sia maschio o femmina, maschi e femmine, divengono quindi oggetto delle rappresentazioni degli altri. L’accettazione di quest’aspetto, è stata affidata al processo che viene definito inculturazione o socializzazione cui ogni individuo viene selettivamente sottoposto.

Avevo quindici anni. Sapevo che mi piacevano gli uomini. Sentivo questa differenza. Ma non era concettualizzata. Non era materializzata nella mia testa. E fu lui, Carlo, quella volta che ci eravamo toccati e che gli era piaciuto anche a lui, a dirmi:”Ma allora tu sei finocchio”. Io non sapevo che cosa volesse dire la parola. Pensavo che fosse un gioco, uno scherzo. Poi da lì realizzai tante cose che mio padre mi aveva detto a casa e ho legato tutto e ho capito che finocchio voleva dire che gli piacevano gli uomini , che era una cosa assolutamente sporca, che non doveva essere fatta, che era contro natura. Nell’arco di un mese realizzai tutto.”

(da Omosessuali Moderni cap I, pag 40)

download (14)Gli studi sulle interazioni madre bambino rilevano numerose differenze di trattamento fra maschi e femmine come per esempio il tono di voce con cui ci si rivolge ad un bambino sapendo che è maschio o sapendo che è femmina. I giocattoli, i libri, i programmi televisivi, gli sport, e persino il linguaggio tendono tutti ad enfatizzare le differenze fra caratteristiche maschili e femminili ed a rafforzare gli stereotipi di genere. Nei negozi troviamo la divisione per settori, maschile: pistole, macchine; femminile: bambole, set di cucina, trucchi. Nel linguaggio le etichette linguistiche di alcune professioni sono riferite al genere maschile, per esempio medico, rettore, ed altre, solo al femminile per esempio meretrice,…

download (18)L’adeguamento al ruolo ascritto avviene attraverso pressioni culturali in cui assumono massimo rilievo l’interiorizzazione dei valori e l’adesione allo stesso; pena, l’emarginazione sociale.

L’omossessualità, rileva Tommaso, non è una cosa facile. E’ una continua lotta fra te, quest’altro essere, Dio, la gente, la famiglia, …Io avrei preferito morire, non nascere così. Mi è capitato di pensarlo. Ci sono delle volte che mi sono andato a coricare pregando il Signore che non mi facesse svegliare, proprio per il fatto di non poter vivere alla luce, di non poter amare una persona come dico io.”

(Omossesuali Moderni, cap I, pag. 57)

Sono le culture che definiscono, identificano, ed amplificano le differenze download (16) dei ruoli di genere, stabilendo il predominio maschile sulla base di una specializzazione nei compiti che uomini e donne quotidianamente devono assolvere. Noi riproduciamo il genere attraverso migliaia di piccoli comportamenti nel corso di tutta la giornata. Attraverso le interazioni con gli altri costruiamo, anzi co-costruiamo il genere che, in quanto istituzione sociale, viene creata e ricreata anche in altre istituzioni sociali quali la famiglia, la scuola, il lavoro. Attualmente la separazione fra i generi non è più così marcata, soprattutto fra le giovani generazioni, la separazione fra caratteristiche maschili e caratteristiche femminili è meno rigida. La maggiore permeabilità dei confini ha reso meno polarizzati gli stereotipi ed ha consentito alle persone di uscire dai confini delle proprie categorie però la strada ancora è lunga! Un pochino però, tutti possiamo contribuire ad “accorciare” la distanza, potremmo insegnare ai nostri figli che non ci sono giochi da maschio e giochi da femmina, ma solo giochi, non ci sono “cose” da maschi e “cose” da femmina ma cose…che non ci sono etero o gay, ma persone.

 

Mag 23, 2015 - famiglia    Commenti disabilitati su Modern family, il terzo genitore

Modern family, il terzo genitore

download (2)Famiglia, cosa vuole dire famiglia? Sfogliando il vocabolario, troviamo una definizione di famiglia che parla di nucleo sociale rappresentato da due o più individui, legati fra loro da vincolo matrimoniale o di parentela o di affinità… Ne “Le Garzatine” la definizione riferisce di un nucleo comunitario elementare che unisce due individui di sesso differente e la loro prole…

L’immagine della famiglia prevalente, si riferisce all’immagine di famiglia nucleare, composta da due adulti di sesso opposto, con i figli. Ma il termine famiglia, ha denotato, a seconda delle diverse epoche storiche, sistemi diversi, ed anche adesso, ha differenti connotazioni. Se dico la mia famiglia è composta da tre persone, chi legge automaticamente penserà: marito, moglie e figlio o qualche cosa di simile; ma se dico che la famiglia di mio padre è di Baressa chi legge farà riferimento al parentado paterno; se dico che la famiglia di mia madre è molto antica, il lettore farà riferimento alla mia casata. images (31)

Il temine famiglia ha una natura polisemantica cui vengono attribuiti raggruppamenti di diverso ordine e di diversa struttura e composizione. Già Lévi-Strauss nel 1967 aveva contestato la naturalità della famiglia composta da soli genitori e figli (la famiglia nucleare), e pur riconoscendone la larghissima diffusione, aveva osservato che non dipendeva da una necessità universale e che quindi potevano esistere, e di fatto esistevano, società che conformavano e tuttora conformano, le proprie strutture familiari in maniera diversa. Per esempio, nel medioevo la famiglia era più che altro un’unità produttiva che comprendeva tutta la parentela ed il gruppo sociale. Educare, nel medioevo, significava mandare i bambini di sette otto anni ad apprendere un mestiere nelle altre case. L’idea che la famiglia, non sia solo una rete di istituzioni sociali e legali, ma che al suo interno, ci sia una rete di relazioni e sentimenti, è una trasformazione che avviene tra la fine del diciottesimo secolo e l’inizio del diciannovesimo secolo. La famiglia, che precedentemente era caratterizzata dai suoi legami esterni, ora sempre più, è caratterizzata dai suoi legami interni. Questa progressiva chiusura della famiglia, accompagnata da un maggiore peso attribuito ai vincoli affettivi al suo interno, fa si che in essa acquisisca un altrettanto maggiore peso la formazione della personalità dei suoi membri, quindi dei figli. download (5)

Il mutamento di sensibilità, è stato seguito dall’evoluzione legislativa, che nel 1947 nella Costituzione Italiana, sancisce il nuovo concetto di famiglia, intesa come una struttura fondata sul consenso, quale regola dei rapporti familiari, e sul principio dell’uguaglianza giuridica e morale dei coniugi.

Ora, i cambiamenti cui è andata incontro la famiglia sono sotto gli occhi di tutti,  non esiste  un “modello di famiglia” o non è mai esistito, sia dal punto di vista strutturale che dal punto di vista relazionale. Si osserva il fallimento della famiglia caratterizzata da ruoli rigidi tra i generi e le generazioni. L’emergere di nuove forme di famiglia e la maggiore visibilità di sistemi familiari sempre esistiti, ma a lungo rimasti nell’ombra, ha fatto sì che gli studi sulla famiglia si confrontassero con la realtà e restituissero dignità ai modi differenti di vivere i legami affettivi. Non è possibile stabilire aprioristicamente quali siano le forme di famiglia più adeguate, ma chi si occupa di famiglie, deve, considerare il punto di vista interno, e confrontarsi con la definizione che le famiglie danno di loro stesse.

images (14)Sempre più spesso, i matrimoni e le convivenze vedono coinvolte persone che provengono da precedenti esperienze, è la storia di tanti genitori e quindi di tanti figli: spettatori involontari di veri e propri sceneggiati tra le mura domestiche. Ma non è detto che i nuclei allargati siano necessariamente “peggio” delle cosiddette famiglie stile “Mulino Bianco”.

Però una cicatrice, per quanto rimarginata, resta sempre… bisogna tenere presente che le separazioni e i divorzi sono sempre dolorosi, non solo per i genitori, ma anche per i figli, qualunque sia la loro età. Quello, che mi preme sottolineare, è che non esiste il decalogo delle buone regole di comportamento per impedire che nascano difficoltà all’interno di qualsiasi famiglia, sia essa nucleare o ricomposta. Ci sono illimitate variabili, un’infinità di situazioni che non possono essere racchiuse in un manuale di istruzioni, ma che vanno appunto soltanto vissute, affrontate ed elaborate nella loro unicità. Quello che possiamo fare però è individuare degli step generali, caratterizzati, da non poche complessità, che si trovano a dover affrontare le “nuove famiglie” nel loro sorgere, formarsi e consolidarsi.

Per decidere di rimettersi in coppia con un nuovo partner, bisognerebbe aspettare, darsi e dare il tempo di metabolizzare l’accaduto, e consentire alle fondamenta della “famiglia separata” di stabilizzarsi.  Essere “famiglia con i figli” da separati, è qualitativamente e quantitativamente diverso, che farlo da coniugati.

images (15)Prima di presentare il nuovo partner, i genitori dovrebbero esser certi che i figli abbiano chiaro il motivo che li ha portati alla separazione. I figli hanno bisogno di sapere che l’affetto dei genitori nei loro confronti, resterà immutato. É molto importante, rispettare i tempi di elaborazione della precedente sofferenza, sopratutto quando ci troviamo in presenza di figli. Il bambino o il preadolescente o l’adolescente deve compiere due difficili passaggi: il superamento del proprio dolore per la perdita della famiglia originaria, e riuscire rinunciare a una parte delle attenzioni, all’esclusività dell’affetto, del tempo ecc che, dopo la separazione, gli erano “riservati”. L’ingresso di “terzi” andrebbe quindi condiviso e non imposto, come nel caso della separazione. Per i figli, accettare e accogliere un nuovo compagno/a di mamma o papà, significa essere pronti per fare un passo importante, le reazioni dei bambini, dei preadolescenti o degli adolescenti andrebbero sempre ascoltate e considerate. La fiducia dei bambini come dei ragazzi, è una conquista importante e necessita di una grande dose di autenticità e di ascolto . Il rischio è il rifiuto e la ribellione. Gli adolescenti, per esempio, che già vivono un periodo di grandi cambiamenti, potrebbero rifiutare la nuova dimensione familiare, ed agirla, cercando sostegno fuori casa tra gli amici, compromettendo l’andamento scolastico, opponendosi nei modi più differenti,  per “attirare” l’attenzione. La perdita dell’ identità familiare rende più vulnerabili, e anche quando “criticano” la scelta fatta dai loro genitori, anche quando pensano che uno dei due non sia un buon genitore, i figli sono restii a “tradirlo” consentendo ad un altro di insediarsi al suo posto.

E’ più facile ottenere il consenso dei figli quando si procede per gradi, rispettando i tempi e la loro sensibilità, in un clima di maggiore fiducia, gli errori che si possono fare hanno un impatto minore: offendono di meno e sono rimediabili. La famiglia si allarga e i sentimenti vengono messi a dura prova, rivelando aspetti di unità e legame che rendono la famiglia un qualche cosa di più che la somma delle sue parti.download (2)

 

Mag 20, 2015 - apprendimento    Commenti disabilitati su Voglia di studiare? L’importanza delle aspettative degli insegnanti.

Voglia di studiare? L’importanza delle aspettative degli insegnanti.

download (13)La relazione tra apprendimento ed insegnamento è essenziale, ma non logica e diretta, è un processo complesso, in cui, ragazzi e insegnanti sono coinvolti in un rapporto dinamico, che mette in gioco, non solo aspetti contenutistici, ma anche relazionali ed affettivi.

Le aspettative: le attese positive o negative dei docenti, incidono moltissimo sul comportamento degli studenti. I ragazzi, in grandissima misura, si aspettano di imparare e decidono di imparare se i loro insegnanti si aspettano che essi imparino.

Tutti quanti abbiamo avuto esperienza della “scuola”e del differente atteggiamento degli insegnanti: secondo la teoria della dissonanza cognitiva, (Festinger, 1957), l’individuo tende ad armonizzare le proprie opinioni ed a cercare conferme delle stesse, così, l’insegnante, sviluppa una sorta di preconcetto/pregiudizio, e conseguentemente, forma delle aspettative, memorizzando, prevalentemente, i risultati conformi.

Uno dei risultati più consistenti della ricerca sulla tematica dell’insuccesso scolastico è che i ragazzi, delle classi in cui l’insegnante si aspetta che TUTTI imparino, raggiungono un livello più alto, rispetto ai ragazzi delle classi in cui l’insegnante non ha grandi attese (Edmonds 1979, Rutter e Smith, 1979).

Celeberrimo è lo studio, (Rosenthal e Jacobson, 1968), in cui è stata rilevata una disposizione nominata,“effetto Pigmalione,” con cui è stato dimostrato l’effetto delle attese dell’insegnante sull’apprendimento dello studente. Una affermazione, che di per se, non è ne vera ne falsa, da vita ad una serie di input:”la profezia che si auto-avvera” il termine sta ad indicare che, una volta che l’aspettativa si manifesta, le persone si comportano come se la stessa fosse reale.download (19)

L’insegnante può inviare: incoraggiamento, interessamento, partecipazione, sostegno, disinteresse svilimento ecc a seconda dei casi e in maniera più o meno marcata, cercando conferme piuttosto che non, ed in virtù dell’asimmetria della relazione, ovviamente, maggior peso avranno le aspettative del docente.images (30)

Occorrerebbe essere consapevoli delle conseguenze delle proprie aspettative, per non lasciarsi influenzare da informazioni poco attinenti come classe sociale, razza, religione, sesso, curriculum scolastico precedente ecc. Quest’ultimo elemento per esempio, gioca un ruolo notevole per gli studenti con problemi “motivazionali”. Il fatto di essere stati etichettati, ha un peso notevole. per l’apprendimento futuro: può causare sconforto e sensazione di incapacità (che potrebbero condurre all’insuccesso). Più fruttuoso, invece, da parte dei docenti, trasmettere fiducia, coinvolgerli il più possibile nella vita di classe, dimostrandogli la fiducia che si nutre e aumentando gradualmente le difficoltà nelle attività proposte,  perché è probabile, che questi ragazzi si scoraggino più facilmente.

Per aiutare i ragazzi “svogliati” a recuperare l’entusiasmo, può essere utile aiutarli ad immaginare vie di uscita ed alternative favorevoli. La convinzione di uno studente della preclusione di ogni possibilità, potrebbero condurlo all’apatia, focalizzandosi solo sulla propria inadeguatezza e incapacità.

Mag 15, 2015 - apprendimento    Commenti disabilitati su Sostegno durante l’apprendimento?

Sostegno durante l’apprendimento?

In ogni tipo di apprendimento scolastico, sociale, familiare sportivo ecc il bambino, la persona, ha bisogno di sentirsi incoraggiato. Da Vygotsky, o meglio da quando ne sono state tradotte le opere, la concezione di un’intelligenza legata unicamente ai geni, è stata superata per una posizione che ritiene l’intelligenza più flessibile e dinamica e, perciò, influenzabile dall’apprendimento. Nel complesso processo d’educazione l’adulto, gioca un ruolo fondamentale. La relazione tra apprendimento ed insegnamento, è essenziale, ma non logica e diretta, in quanto, l’acquisizione di ciò che viene trasmesso, dipende da molteplici variabili non direttamente controllate e controllabili dall’adulto.

Vi sono due modi di intendere l’azione dell’educare/insegnare:

-il primo, che può essere sintetizzato nel concetto di trasmissione: si basa sul presupposto che l’individuo, sia in grado di memorizzare ciò che gli viene trasmesso, al ppppari di un contenitore, immagazzinando ciò che gli viene trasmesso, per il fatto stesso che gli è stato trasmesso;

 

-il secondo, in quello di costruzione, meglio co-costruzione: è un processo complesso, in cui allievo e adulto sono entrambi coinvolti in un rapporto dinamico, attivo che mette in campo, non solo aspetti contenutistici, ma anche relazionali ed affettivi.download (8)

La conoscenza perciò, non intesa come semplice memorizzazione, è una costruzione, mai neutra, ma carica di significati diversi.

Il processo di apprendimento, si realizza nella relazione con gli altri, attraverso il continuo “dialogo” che l’individuo stabilisce ; gli stimoli emessi dall’ambiente vengono trasformati da “intermediari”, solitamente genitori, fratelli, insegnanti, zii, nonni ecc che, guidati dalle proprie intenzioni, dalla cultura e dall’investimento emotivo, selezionano ed organizzano il mondo degli stimoli per il bambino, che a sua volta, sceglie i più appropriati, inquadrandoli, filtrandoli e organizzandoli.

Ma per essere autentico, l’adulto deve, esso stesso, appropriarsi del valore etico ed estetico dell’educare, e cogliere fino in fondo il senso ed il significato del proprio compito.

EDUCARE:il significato etimologico della parola educare viene dal latino e-ducere, che significa “condurre fuori”, quindi, liberare, far venire alla luce, far emergere. Per educazione, s’intende, dunque, il processo attraverso il quale la conoscenza, “emerge”…

per educare o trasmettere nozioni bisogna prima di tutto comunicare. Stabilito un canale di comunicazione, si attiva il canale attraverso cui passa l’interazione personale: diventa così più facile costruire valori, contenuti, abilità, regole e rappresentazioni.

Alcuni un esempi:

-due fratelli giocano. Nella tranquillità del gioco un rumoraccio improvviso,download (2)

il genitore entra e con fare minaccioso si rivolge al “più grande”: “che cosa hai fatto?”.

-vero che vuoi bene alla tua mamma? Vuoi più bene alla mamma o al Papà? (Questa frase viene spesso “girata” a nonni, zii ecc)

– dove credi di andare? Devi andare a fare danni?

-spostati mi dai fastidio…

-perché non è/sei come… download (5)(anche questa è declinata  a seconda dell’occorrenza)

non fare il bambino!!!

-non si gioca così, guarda si gioca…

-mia figlia/o, (con la figlia davanti), un disastro…la notte non dorme, è monellina, l’altro giorno pensa con le mani sporche ha macchiato il divano…cammina scalza…non si vuole lavare i denti…

Oppure ancora, ragazzi le cui capacità vengono sottovalutate perché ritenuti troppo piccoli o troppo fragili, bambini viziati o persino un po’ idolatrati dai genitori ma mai amati per quello che sono veramente, ma solo per quello che possono o potrebbero rappresentare agli occhi dei genitori, costretti a delle scelte, scuola, sport attività, alimentazione ecc, non in base alle loro disposizioni; valorizzati/giudicati, solo nella misura in cui rispondono alle aspettative (spesso irrealistiche) dei loro genitori.

Sembra di essere nel telefilm CSIimages (27) alla ricerca di prove di colpevolezza,  allo stesso modo alcuni genitori, cosi come alcuni insegnanti, cercano, selezionano, USANO IL LUMINOL!!! Per disapprovare, ammonire, rimproverare, ridicolizzare.

Viene da chiedersi che cosa emergerà, che cosa nascerà da questa e-ducazioneimages (28)

Se provassimo, a fare il gioco contrario che cosa succederebbe?

Per esempio:

-se, piuttosto che chiedere che cosa hai fatto, chiedessimo che cosa è successo e poi stessimo ad ascoltare…

-se, piuttosto che chiedere a chi vuoi più bene, dicessimo ti voglio beneimages (29)

-se, …dicessimo vai e divertiti

se, li lasciassimo giocare in pace…

-se, evitassimo paragoni…

Se li amassimo per quello che sono, con i loro pregi e difetti, se li accettassimo così, perfettamente imperfetti, se li ascoltassimo…c’è da esser grati che la relazione tra apprendimento ed insegnamento non sia logica e diretta.

Se si desiderano maggiori informazioni o avere una consulenza mirata

callDr.ssa Carla Piras

3248497238

cpstudio3@virgilio.it

 

Mag 12, 2015 - nonni    Commenti disabilitati su Il ruolo dei nonni

Il ruolo dei nonni

Il ruolo dei nonni è un ruolo senza ruolo, mmmm

al giorno d’oggi, i nonni accudiscono i nipoti quando i genitori sono assenti, partecipano alle recite, vanno a prenderli a scuola e…spesso, danno un aiuto economico alla famiglia.images (25)

La loro presenza è anche un punto fermo e di conforto quando la famiglia attraversa momenti di difficoltà, pensiamo, ad esempio, ai casi di separazione: i nonni, in questi casi, fungono da supporto emotivo per i nipoti. In un momento in cui, le loro certezze vacillano, rappresentano un importante fattore di protezione proprio per la continuità emotiva che assicurano. Poiché non è legato a nessun vincolo, “nonni” lo si può essere in tanti modi diversi, non tutti i nonni sono capaci di giocare, e non è necessario che si sforzino, si possono fare altre attività: raccontare o leggere storie, andare a vedere luoghi particolari, cucinare, non è tanto importante cosa si fa, ma, come lo si fa, per la gioia di stare insieme.

Resta immutata l’importanza della  gggg

loro presenza per figli e nipoti

I nonni, infatti, sono in una posizione diversa dai genitori, una posizione in un certo senso privilegiata; liberi dall’obbligo di educare, i nonni, possono avvantaggiarsi del piacere di stare coi nipoti rispetto al dovere, possono assecondare l’aspetto ludico rispetto alle regole, stare insieme, godere delle reciproca compagnia .images (26)

La relazione nonni-nipoti trasmette il senso di appartenenza, al gruppo famiglia, all’interno del quale, lo scambio di aiuto e appoggio è reciproco e dipende dalle necessità.

Di sicuro interesse, per i nonni e non solo, è l’intervento riformistico attuato, D. Lgs. 28.12.2013 n. 154, art. 317 bis, entrato in vigore 7 febbraio, 2014. Si tratta di una modifica di grande valore, un intervento parificabile, alle storiche modifiche del diritto di famiglia che, nel 1970, hanno introdotto il divorzio e, nel 1975, hanno reso effettiva la parità tra i coniugi, abrogando le anacronistiche figure della patria potestà e della potestà maritale. La maggiore frequenza con cui si dividono oggi le famiglie, si accompagna, ad un proporzionale aumento dei nuclei ricostruiti, di cui, diventa parte anche la prole.

Da Questa situazione possono scaturire numerosi problemi, data la principale caratteristica di nuclearità della famiglia, che comporta la cristallizzazione delle relazioni nei più contenuti contesti familiari (padre, madre, figli), con la conseguente esclusione dal quotidiano dei nonni.nonno_simpson Tale riforma, ha introdotto un nuovo ruolo dei nonni, più impegnato e partecipe, prevede la legittimazione a far valere il diritto di mantenere rapporti con i nipoti minori.

Nell’attribuire ai “nonni” il diritto in questione, dunque, si andrà a superare ogni dubbio in merito alla legittimazione ad  agire in giudizio per chiedere, il riconoscimento di un’autonoma frequentazione dei nipoti, ovviamente, nel prevalente interesse di questi  ultimi.

Se si desiderano maggiori informazioni, suggerire argomenti da trattare,

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Mag 9, 2015 - panico    Commenti disabilitati su Panico?

Panico?

images (23)L’etimologia della parola panico deriva dal greco, da Pan, Dio errante, signore delle selve, metà uomo e metà caprone, abituato a comparire all’improvviso, suscitando terrore e scomparendo poi velocemente, lasciando le proprie vittime nell’incapacità di spiegarsi quanto è accaduto e ciò che hanno provato. Panicòs che deriva dalla radice Pan, che significa tutto, traduce proprio  questa forma di terrore totalizzante paralizzante, incontrollabile che invade la mente ed il corpo con tutta la sua “onda energeticaimages (24)

I sintomi fisici più comuni sono:il cuore che batte all’impazzata, il viso, le mani che iniziano a sudare…il respiro viene meno, le gambe cedono, la vista si annebbia la testa pulsa, il corpo percorso da tremiti fini o a scatti, vertigini.

Insieme alle descrizioni di un quadro sintomatologico di tipo corporeo, le persone     riferiscono degli stati psicologici. Questi ultimi, in genere, possono comprendere paura di perdere il controllo, presentimento che stia per avvenire qualcosa di terribile, sensazione di non essere parte della realtà, paura o convinzione di essere vicini alla morte, crisi di pianto.

Ogni crisi di panico rappresenta un circolo vizioso in cui i sintomi fisici alimentano quelli psicologici e viceversa.

L’esperienza dell’attacco di panico è una delle più stressanti, fisicamente e mentalmente, di conseguenza, gli effetti psicofisici sono debilitanti e la sensazione, dopo un attacco di panico, è di essere molto deboli, e indubbiamente scoraggiati e confusi.

La prima e più comune convinzione, è che si sia colpiti da un problema fisico: all’attacco di panico, spesso, seguono accertamenti medici per ricercare la causa del malessere: la valutazione  dello stato di salute, è legata alla tendenza comune ad accettare più facilmente di avere un problema corporeo, che ha generato questo “inferno fisico ed emotivo,” piuttosto che essere disposti a pensare che si tratti di qualcosa di interiore, intangibile, di psicologico.

A volte il corpo lavora meglio del cervello, e l’attacco di panico, custodisce un significato profondo, è una ventata di energia che assale improvvisamente e inaspettatamente, “a ciel sereno”, è questo il motivo per cui spaventa tanto. Quando c’è uniformità, quando la ragione omologa tutto, quando aderiamo ad un modello che non ci appartiene, l’onda di panico arriva a spezzare le catene in cui siamo imprigionati. Riconoscere a noi stessi i nostri errori, le emozioni e le nostre attitudini reali, è l’ostacolo più grande. Questi stati d’animo sono un avvertimento, un consiglio proveniente dal nostro Io. A volte quello che desideriamo è contro corrente o “socialmente” sconveniente, perché spesso vestiamo un Harry-Potter_650x435

abito che altri hanno cucito per noi…

o che semplicemente non ci sta più.

Il panico invece, riporta vita e colore là dove l’emozionalità era stata confinata, è l’espressione della nostra parte più sana/essenziale che ci chiede di prenderci cura di noi. Succede a tante persone posate, “normali”, tranquille, persone dove i ritmi si sono congelati, dove le regole hanno avuto la meglio sulla spontaneità, persone che viaggiano tranquille sui binari preconfezionati.

Si vabbè, ma allora come si può vincere/curare il panico?

E’ importante comprendere che per vincere il panico, bisogna essere disposti a rimescolare le carte, download (1)

spesso è la paura della paura, la catena che porta disperazione, è necessario rivedere la persona che siamo diventati, ascoltare il proprio corpo e…SCEGLIERE, scegliere, in armonia con quello che ognuno di noi è.

 

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