Apr 27, 2015 - Separazione    Commenti disabilitati su Le difficoltà della gestione del conflitto nella separazione

Le difficoltà della gestione del conflitto nella separazione

images (10)In ogni fase del ciclo di vita le persone, le famiglie, fanno fisiologicamente fronte ai diversi compiti avvalendosi dell’ausilio di risorse istituzionali un esempio  sono la scuola materna, l’ospedale, gli istituti per anziani o per i disabili, nondimeno, una famiglia può utilizzare i servizi anche nei casi di difficoltà della gestione del conflitto causato dall’evento separativo. Quando parliamo di conflitto solitamente ci riferiamo a qualche cosa di negativo da eliminare o quantomeno da evitare. L’accezione negativa del conflitto è così radicata in noi che spesso ci dimentichiamo che il conflitto è presente in tutte le dimensioni della vita dell’uomo, che fa parte della vita dell’uomo come ne fa parte la morte. Si ha conflitto quando il bambino piange perché vuole essere preso in braccio, quando vuole il giocattolo; quando lui vuole andare al cinema e lei vuole andare a vedere la mostra …

La parola di derivazione latina non ha soltanto un significato negativo, di scontro, lotta, ma significa anche far incontrare, mettere a confronto; la constatazione della normalità dello stesso dovrebbe farci riflettere sulle possibilità, sulle opportunità che dallo stesso si possono verificare. Dal conflitto si possono avere effetti di crescita, si possono favorire l’emergere di nuove posizioni, da due posizioni antitetiche si può arrivare ed una terza soluzione che favorisca le parti in causa. Se, per esempio, lui vuole andare al cinema, è possibile, anziché irrigidirci sull’adeguatezza della domanda, arrivare ad una soluzione che soddisfi entrambi, “prima la mostra e poi il cinema” Per il conflitto, le modalità abituali di funzionamento sono inadeguate, il conflitto crea disorganizzazione, rappresenta il dinamismo, pone compiti di sviluppo, ha caratteristiche di rischio/opportunità,

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Può verosimilmente avere esito sfavorevole se, come accadeva in passato, in numerose tradizioni di studi, viene considerato come una manifestazione disfunzionale, come un evento da reprimere o da prevenire, negandone la sua naturalità e relegandolo al regno del patologico. Nel conflitto vengono attivate una serie di emozioni che mettono in discussione la nostra stessa esistenza, l’antiteticità delle posizioni assunte appare spesso inconciliabile, ma è proprio questa divergenza che, se ben gestita, offre spunti per ridefinire le situazioni e creare opportunità di crescita in nuove direzioni.

Per poter trasformare il conflitto in un qualche cosa di più, che la mera contrapposizione e trasformarlo in un processo di crescita e di maturazione, è necessario gestirlo adeguatamente, senza negarlo. È necessario abbandonare l’ottica del pensiero lineare, basata sul modello causa effetto, per abbracciare in pensiero di tipo complesso. Non c’è mai una sola causa che produce un determinato effetto ma al contrario, ogni causa, produce molteplici effetti. Una delle principali limitazioni del pensiero lineare è che cerca di trovare una spiegazione per ogni ordine di problema. Nei casi di separazione, che, ricordiamo essere uno degli eventi più stressanti della vita, si è in presenza di un’alta conflittualità e si ha una situazione di forte crisi o di violenza Nel caso di due presone che si separano utilizzare il pensiero lineare, corrisponde all’attribuzione della responsabilità ad uno soltanto dei membri della coppia, che generalmente ritenuto malato o pazzo,deve necessariamente essere curato,

quando va bene… meglio se: images (11)

La violenza del contrasto induce le persone coinvolte a pensare che i desideri di uno siano inconciliabili con i desideri dell’altro e la contrapposizione d’interessi sui temi in questione può rivelarsi tanto radicale da convincersi che al termine del conflitto ci debbano essere un necessariamente un vincitore ed un perdente. images (9)

Lo stesso testo della legge dell’8 Febbraio 2006 sull’affidamento condiviso, non prevede, per la sua applicabilità, un accordo totale fra il padre e la madre, ma la disponibilità ad assumersi la propria responsabilità genitoriale nei confronti dei figli, nel rispetto delle reciproche competenze e possibilità, abbandonando l’ottica riduzionistica del vincente e del perdendente, del giusto o sbagliato. In questo modo si riconosce legittimità alle differenti posizioni e si crea la possibilità affinché possano emergere nuove opportunità.

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Apr 27, 2015 - Genitorialità    Commenti disabilitati su Come si diventa genitori?

Come si diventa genitori?

come fareMa come si diventa genitori, come si diventa mamma o papà?

Essere genitori non significa avere dei figli, non bisogna identificare la generatività o geneticità con la genitorialità. Come per quelli che escono dal coma, ai quali viene chiesto subito se hanno visto la luce, e la maggior parte non ha visto nulla e non ricorda nulla, (generando in chi domanda tanta delusione), anche le mamme, non hanno la luce, la maggior parte, appena lo vede pensa: Ok, e ora? Quando se lo vengono a prendere?

Anche le gatte, certe volte, non hanno la sapienza, le scrofe…li schiacciano, i cani li abbandonano, le cavalle li calciano ecc

Non si diventa mamma solo portando un figlio nove mesi nella pancia, altrimenti non si spiegherebbero le adozioni, i figli lasciati nei cassonetti, i figli venduti per pochi soldi, i figli violentati, picchiati abbandonati o anche solo portati al mare a mezzogiorno e lasciati sotto l’ombrellone perché mamma deve prendere il sole! Non si diventa papà solo perché la propria moglie/compagna ha partorito. Già più di cento anni fa Dostoevskij faceva dire ad un suo personaggio de “I fratelli Karamazov”:”Chi ha procreato non è ancora padre; padre è colui che ha procreato ed ha meritato il proprio nome”…”Egli ti ha generato e tu sei sangue del suo sangue e perciò devi amarlo”… “Perché devo amarlo se poi non mi ha amato”…Dimmi babbo perché devo amarti?e se questo padre sarà in grado di rispondergli e di provarglielo, sarà questa la vera famiglia normale poggiata non soltanto sul pregiudizio mistico, ma su basi ragionevoli, intuitive e rigorosamente umane. Se il padre non darà nessuna prova allora il figlio acquista la libertà ed il diritto di considerare suo padre come un estraneo.

Purtroppo, sono ancora in pochi ad obiettare che la minor propensione paterna ad occuparsi delle esigenze pratiche quotidiane dei figli, non sia una colpa, né un valido motivo per continuare a farlo.

Non si può volere bene in nome di un meccanismo biologico  sci

né, in nome del legame di sangue. I padri e le madri non vogliono bene ai loro figli per forza, perché “carne della loro carne” ne i figli vogliono bene ai loro genitori per via “dell’obbligatorio” amore filiale. Un amore filiale che non sia preparato e coltivato dal genitore, che sia padre o che sia madre, è semplicemente assurdo, l’amore non si crea dal nulla, come tutte le cose ha bisogno di cure, di tempo e dedizione. I genitori che non si curano dei propri figli, che ignorano le necessità dei propri bambini che amore filiale possono pretendere? La “presunta” capacità delle madri di comprendere i propri figli, è determinata/generata soprattutto dal fatto che si prendono cura, in prima persona, di quelle che sono le loro necessità.  tigreQuesta cura è un atto volontario, ed è frutto della “frequentazione assidua” e dell’ascolto. I genitori che riconoscono dal tono di voce il motivo del pianto del loro bambino, sono in grado di saperne il motivo perché sono rimasti ad ascoltarlo ed hanno imparato che quando ha fame è in un modo, quando è stanco è in un altro ecc. Genitori e bambini imparano a conoscersi e a riconoscersi dal momento della nascita. I bambini hanno bisogno di una gran dose di sicurezza e di protezione emozionale, oltre che di stimoli, per affrontare le sfide, le fasi che il processo di crescita comporta. A tal proposito citiamo l’articolo della Psicologa Livia Turco presente sul sito dell’A.I.M.S, che rimase molto colpita dalla testimonianza di Raul Medina Centeno, docente in Psicologia Sociale a Madrid e ricercatore presso l’università di Cambridge, il quale riferisce che si riscontra una sensibilità del tutto nuova, da lui definita come “istinto paterno”, in quei padri che, per diverse situazioni, si sono assunti la responsabilità dei loro figli… La sua personale esperienza è quella di padre di due bambini piccoli, di cui si è assunto molto presto la piena responsabilità in seguito alla morte prematura della moglie. Questo evento, molto doloroso, ha cambiato radicalmente il suo modo di essere padre. In seguito alla nascita dei bambini, la coppia, aveva stabilito un accordo di divisione dei compiti impostata su un modello di famiglia piuttosto tradizionale, in base al quale, il padre avrebbe continuato a lavorare a tempo pieno fuori casa e la madre si sarebbe presa cura dei bambini. Essendo quest’uomo anche un padre molto affettuoso, guardava con occhio di ammirazione il rapporto che la madre aveva instaurato già con il primo figlio: “notavo che loro condividevano un proprio mondo, che si esplicava con un linguaggio corporeo comprensibile soltanto a loro due, come quando Alex aveva fame, sete, caldo, freddo o una colica ecc. La mia spiegazione e consolazione di tale speciale condivisione, come padre, era che fosse effetto dell’istinto materno…”. In seguito era nata un’altra bambina, Nicole e, nonostante il padre si fosse assunto più compiti rispetto al primo figlio, la suddivisione dei compiti aveva continuato a sussistere. In seguito alla malattia e poi alla morte della moglie, l’assetto familiare aveva dovuto subire un radicale cambiamento “Quella situazione mi obbligò a prendermi cura dei figli a tempo pieno e cambiò profondamente le mie responsabilità di padre. Ogni giorno imparavo qualcosa di nuovo, cambiare i pannolini o cantare una ninna nanna. Oggi, con i miei figli, abbiamo instaurato una relazione significativa che si esprime attraverso un linguaggio comune. Ad esempio, durante la notte, anche se addormentato, riesco a sentire ogni loro movimento; capisco quando sono stanchi, ammalati, quando hanno fame o sete, quando vogliono giocare dormire o riposare. Curiosamente anche loro mi ascoltano, sono al corrente di me; ciò spiega la natura interattiva della paternità. D’altro canto, ho anche sperimentato dei radicali cambiamenti nel modo di esprimere i miei sentimenti a loro…Tutto questo mi fa pensare a qualcosa di viscerale che è sorto in me: probabilmente un istinto paterno”…

Pirandello ha detto dei figli:”si pigliano la vita; non solo la loro ma anche la nostra si pigliano. E siamo noi per loro; mica loro per noi” . Essere genitori non vuol dire avere dei figli ma dare ai figli, essere generosi, essere lì per loro, essere felici di rendere felici.

 

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